Joseph Jastrow (1863 –1944) è uno psicologo ancora poco noto in Italia, sebbene la sua opera poliedrica risulti di interesse estremamente attuale. In vita si occupò di percezione – basti pensare alla celebre “illusione di Jastrow” – dei processi mentali della volontà, di movimenti involontari, di psicologia del paranormale e dell’insolito (occultismo, telepatia, spiritismo), di temperamento e carattere, di sogni e fantasie a occhi aperti e di tanto altro ancora.
Ciò che rende moderna la sua opera è sicuramente il taglio critico con cui analizzò fenomeni come il paranormale, le credenze religiose e quelle in tanti altri aspetti misteriosi della vita. Già solo per questo meriterebbe di essere più noto in Italia.
Si occupò anche di psicologia animale o comparata, sempre con taglio critico e smontò diversi luoghi comuni sugli animali, ancora oggi molto diffusi.
A tal proposito vorrei citare un brano preso dal suo “Fact and fable in animal psychology” (1906) in cui prende di mira l’atteggiamento degli uomini nei confronti degli animali.
L’uomo è da sempre incline a mostrare un’ammirazione che talora sfocia perfino in venerazione per gli animali; venerazione che nel passato ha assunto la forma di un vero e proprio culto. L’astuzia e il coraggio degli animali, le loro passioni e la loro indipendenza, l’acume dei sensi e il dominio dell’istinto si sono imposti all’uomo di natura come qualità invidiabili. Per questi, sia il temibile lupo che il cavallo addomesticato erano suoi simili. Egli era consapevole che l’olfatto dell’animale era più affidabile del suo, il senso di orientamento più sicuro. Confrontando il suo ingegno con il loro, sapeva di poter essere vinto in astuzia dagli animali e sconfitto dalla loro audacia. I suoi miti traboccavano di esseri dotati di qualità sovrumane scaturenti dalle combinazioni bizzarre di forme umane e animali. Le sue favole, da Esopo a Fratel Coniglietto, concedevano al suo animale preferito la parte del protagonista nelle trame più semplici. Affidava la sua protezione a qualche totem raffigurato da un animale sacro e riteneva probabile che l’anima degli animali potesse transitare nel corpo dell’uomo o che, in virtù di qualche magia, egli potesse assumere le loro sembianze.
È possibile che qualche oscura e segreta versione di questo stesso istinto possa ancora condizionare la comprensione di ciò che gli animali fanno, sentono e pensano. Sappiamo che gli animali domestici occupano un posto così intimo nella nostra vita quotidiana, partecipando ai nostri stati d’animo e alle nostre occupazioni, che appare plausibile supporre che solo la mancanza della parola impedisca loro di esprimere ciò che sanno dei nostri pensieri e i sentimenti che condividono con noi. Ma se consideriamo la faccenda più lucidamente, ci rendiamo conto che non dobbiamo permettere ai nostri preconcetti di offuscare il nostro giudizio su ciò che il comportamento degli animali ci autorizza a concludere riguardo alla loro intelligenza. Riflettendo sulla loro capacità mentali e su come queste vengono adoperate, non dobbiamo mai dimenticare che i loro bisogni sono diversi dai nostri, che un loro gesto può facilmente sembrarci dotato di significato (perché se compiuto da noi lo sarebbe per determinati motivi e obiettivi), ed essere, tuttavia, per loro un semplice espediente per entrare nelle nostre grazie. È questa, in sostanza, l’essenza del problema. Possiamo giudicare ciò che gli animali pensano solo da ciò che fanno; ma ciò che essi fanno davvero può essere del tutto diverso da ciò che sembrano fare. Siamo noi che, in maniera non intenzionale, leggiamo nella loro condotta il significato che essa ha per noi. Sbrogliare questa matassa non è né semplice né immediato; ed è compito dello psicologo stabilire, con ogni tipo di prova e di argomentazione a cui sia possibile fare ricorso, di che genere di ragionamenti è capace o no il suo animale preferito. Questo aspetto, in particolare, deve essere preso attentamente in esame. E però, considerate le capacità e i limiti degli animali, è essenziale osservare che, come noi, gli animali imparano a fare solo le cose che entrano utilmente a far parte del loro schema di vita. In circostanze naturali ordinarie, essi acquisiscono una comprensione intelligente delle faccende del mondo che possono tornare loro utili; e anche se offriamo ai nostri animali condizioni di vita decisamente diverse e insegniamo loro cose che non avrebbero modo di imparare da soli, il loro apprendimento rimarrà, comunque, il medesimo e richiederà la stessa combinazione di facoltà che governa il loro comportamento naturale. In conclusione, la domanda di come gli animali pensino merita di essere presa in considerazione dalla psicologia. La risposta non sarà mai interamente completa; ma non vi è ragione, a quanto sembra, per cui non debba essere solida e convincente ed esporre con chiarezza e precisione quali tipi di comportamenti intelligenti gli animali condividono con noi e il numero, certamente maggiore, di ragionamenti e comportamenti che, per quanto semplici, sono completamente estranei ai loro interessi e alle loro capacità.
Ancora oggi tendiamo a leggere nella condotta degli animali il significato che essa ha per noi e a proiettare su di essi ogni forma di antropomorfismo. Mai come negli ultimi decenni si parla tanto di animali, di ciò che pensano, fanno, mangiano; della loro intelligenza, sensibilità, emozioni; del loro “stile di vita” e di come noi umani possiamo entrare in rapporto con loro. Esistono medici e psicoterapeuti per animali, cimiteri, pet shops, alimentari, bevande, boutique, bar, ristoranti pets-only, centri benessere, marchi di lusso, prodotti di bellezza, assicurazioni, centri ortopedici, fitness e giocattoli, puzzle, norme giuridiche per animali. Una vera e propria pet-mania. Ma anche la pet fashion, la pet citizenship, la pet therapy pagata dalla mutua, i luoghi pet friendly.
La conseguenza è che attribuiamo agli animali caratteristiche, pensieri e comportamenti che non sono loro, ma nostri. Ecco perché fa bene oggi leggere brani come quello di Jastrow.
Amiamo gli animali, ma rispettiamoli per quelli che sono, senza avvolgerli di infingimenti umani.
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