Nel mio primo libro, Oracoli quotidiani, pubblicato nel 2003, mi sono occupato della “profezia che si autoavvera”, un affascinante meccanismo sociale che determina comportamenti paradossali, ma reali. La definizione di “profezia che si autoavvera” fu fornita nel 1948 dal sociologo americano Robert K. Merton che la formulò in questo modo: «una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria “veridicità”». Secondo Merton, «la profezia che si autoavvera è, all’inizio, una definizione falsa della situazione che determina un nuovo comportamento che rende vera quella che originariamente era una concezione falsa». Esempio classico: Si diffonde la voce (falsa) che la banca Y stia per fallire; tutti i clienti corrono a ritirare i loro risparmi; di conseguenza la banca fallisce realmente.
In sostanza, la profezia che si autoavvera si compone di tre fasi:
- Una convinzione o credenza consapevole o non consapevole;
- un’aspettativa legata a questa convinzione o credenza;
- un comportamento che discende da questa convinzione o credenza e che finisce con il confermarla o con l’avere conseguenze reali.
Agli inizi di luglio, è stata resa nota una storia affascinante che merita di essere raccontata. Tre mesi fa, in Inghilterra, viene pubblicato un thriller, The cuckoo’s calling (“Il richiamo del cuculo”). Autore del giallo, tale Robert Galbraith, pseudonimo dietro cui – avvertono gli editori – si nasconde uno sconosciuto esordiente. Recensioni positive, talvolta entusiaste. Ma il libro vende solo 1.500 copie. Tre mesi dopo, colpo di scena. Dietro Robert Galbraith si nasconde addirittura J.K. Rowling, la creatrice di Harry Potter, che ha stravolto ogni record di vendita con i suoi libri dedicati al maghetto più celebre del mondo. Risultato: le vendite aumentano del 7.500 per cento in pochi giorni. Raggiunta telefonicamente, la Rowling ammette la cosa e molti sospettano che il tutto sia solo una accorta manovra promozionale per il lancio del suo ultimo libro.
Che cosa c’entra questa storia con la profezia che si autoavvera? Se applico lo schema prima esposto alla vicenda della Rowling, ottengo:
- Il pubblico apprende della pubblicazione di un thriller da parte di uno scrittore sconosciuto e anonimo (= Una convinzione o credenza consapevole o non consapevole);
- il pubblico ritiene che il libro possa essere apprezzabile, ma non un bestseller, dato che l’autore non è celebre e i primi libri sono raramente capolavori (= Un’aspettativa legata a questa convinzione o credenza);
- di conseguenza le vendite sono contenute e l’autore rimane sconosciuto o, comunque, uno dei tanti autori anonimi presentati ogni anno sul mercato editoriale: la profezia iniziale si è autoavverata (= Un comportamento che discende da questa convinzione o credenza e che finisce con il confermarla o con l’avere conseguenze reali).
Come controprova, considerate che, non appena si è saputo che il vero autore è la Rowling, le vendite sono schizzate in alto, decretando lo status di bestseller del thriller. Alcune riflessioni:
– Un libro, al di là delle sue effettive qualità letterarie, può diventare un insuccesso in ragione delle aspettative negative che il pubblico ripone in esso e i comportamenti che ne discendono.
– La profezia che si autoavvera può funzionare anche al contrario. Se il pubblico ritiene che un libro, al di là delle sue effettive qualità letterarie, sia stato pubblicato da una celebrità, lo renderà, in maniera “profetica”, un bestseller, accorrendo in massa ad acquistarlo.
– Conseguenza inquietante: al giorno d’oggi il successo di vendite di un libro non è assicurato necessariamente dalle sue qualità, quanto dalla capacità di creare aspettative favorevoli o attraenti nei suoi confronti, da cui discendano numerosi comportamenti di acquisto.
– Il marketing editoriale contemporaneo è particolarmente incline a promuovere i libri in maniera “profetica”. Avete notato che spesso non si sottolineano nemmeno più le qualità letterarie di un libro, ma semplicemente il fatto che sia stato accolto da 5.000 “Mi piace” su Facebook? Come dire: a tutti piace, quindi compratelo tutti. Un criterio che sempre più lettori seguono senza rendersi conto di obbedire docilmente a un meccanismo sociologico abilmente adoperato.
Ho l’impressione che noi cittadini siamo sempre più spesso invitati ad accogliere definizioni false delle situazioni che, con i nostri comportamenti di consumo, rendiamo vere. La verità allora è solo un gesto d’acquisto con il quale riscattare la falsità della nostra condizione contemporanea? A voi la non ardua risposta.