In un articolo di oggi, il sito del Corriere della Sera segnala un interessante episodio di “pareidolia terroristica” verificatosi a Porto Recanati, nelle Marche. Un panno nero appeso a un albero davanti a un condominio è bastato per mandare nel panico alcuni cittadini del posto che hanno intravisto nell’oggetto nientedimeno che un vessillo dell’Isis, simbolo – chissà – della avvenuta conquista della città da parte del pericoloso gruppo terrorista. I carabinieri, accorsi sul posto, hanno invece trovato un banale giaccone nero, appeso ad asciugare e finito, per colpa del vento, su un albero.
L’articolista – Federica Seneghini – ricorda altri due episodi simili accaduti in questo periodo a Gela e in Svezia. Nel primo caso, un’autoambulanza con scritta araba, in realtà un progetto dell’artista ginevrina Ariane Arlotti per denunciare le violenze israelo-palestinesi, ha destato qualche preoccupazione nella città siciliana. Nel secondo, due palloncini con la forma del numero 21 a Karlskrona, in Svezia, posti all’esterno di una casa per augurare buon compleanno alla giovane residente, sono stati confusi con una “I” e una “S”, scatenando, anche in questo caso, il panico.
È appena il caso di notare che questi fenomeni di panico pareidolico possono scatenarsi solo per il verificarsi di circostanze eccezionali: un oggetto la cui percezione è precaria; un clima di timore e di ansia provocato da una minaccia reale, ma, per il momento, distante (la presenza sanguinaria dell’Isis); il bisogno di attribuire un significato a ciò che viene percepito. È probabile che, appena un anno fa, nessuno avrebbe preso una cantonata simile a quella che hanno preso i cittadini di Porto Recanati o gli abitanti di Karlskrona. Ulteriore testimonianza di come la nostra percezione sia costantemente guidata da aspettative, ansie e preoccupazioni e di come ogni percezione incerta sia “riempita” dalla nostra mente che proprio non può fare a meno di attribuire un significato al mondo che ci circonda. Anche se il significato ci costa ansia e pericoli