Tra i succedanei contemporanei, più o meno narcotizzanti, della religione, il turismo è certamente uno dei più evidenti al punto che il sociologo Dean MacCannell, in un celebre libro degli anni Settanta Il turista. Una nuova teoria della classe agiata (UTET, Torino), non ha esitazioni nel sostenere che il turista è il pellegrino della modernità, come dimostra coerentemente la sua condotta di ruolo.
Innanzitutto, il turista ha l’obbligo, per così dire, di andare a vedere determinati luoghi dei paesi che sceglie di visitare e che sembrano incarnare una potenza straordinaria. Ad esempio, contempla la natura, le rovine, i monumenti, i segni caratteristici del luogo che lo ospita con il medesimo silenzioso raccoglimento che il pellegrino avrebbe dinanzi all’epifania del sacro, all’avverarsi di un evento straordinario lungamente atteso.
In secondo luogo, tanto il pellegrino quanto il turista hanno in comune l’esperienza dell’unicità di un luogo: entrambi credono che solo in un determinato luogo si possa verificare l’apparizione irripetibile di un’immagine attraente in modo peculiare, singolare ed eccezionale. L’apparizione del Louvre ha molti tratti in comune con l’apparizione del santuario o, addirittura, di un personaggio celeste da riverire. In alcuni casi, le analogie sono straordinarie.
Come il pellegrino, il turista segue un itinerario standard, va da una città all’altra o da un museo a un parco naturale, seguendo i consigli delle sue guide. I popoli e i paesaggi formano un insieme di attrazioni che è equivalente ai temi delle religioni politeistiche e alla proliferazione dei luoghi in cui sono apparsi i santi del cattolicesimo. Le fasi del viaggio sono una variante moderna delle devozioni popolari nei santuari.
Infine, la ricerca dell’autenticità a ogni costo diventa l’equivalente moderno della tradizionale esperienza del sacro. Il turista cerca la casa tipica, il vero manoscritto, il quadro originale, così come il pellegrino vuole il luogo dove per la prima volta apparve la Madonna o fu compiuto un miracolo. L’importante è l’esperienza che, per il turista, ha la stessa accezione sacralizzante che l’avventura religiosa per il devoto (Dean MacCannell, 2005, Il turista. Una nuova teoria della classe agiata, UTET, Torino, pp. XXX-XXXI).
Per MacCannell, la modernità crea tensioni. la fuga dalle quali
genera la ricerca di mondi in cui unificare i frammenti, i paradisi marginali del turismo, l’isola felice in cui domina l’armonia universale, luoghi dell’ultima nostalgia della “totalità”, perduta e finalmente ritrovata attraverso la reinvenzione sociale di rapporti sociali “rappresentati” come veri, sinceri, autentici, che approssimano la felicità senza spazio e senza tempo.
Le merci culturali del turismo costituiscono il materiale che il turista utilizza per affermare sia la sua unicità che la sua dipendenza da entità simboliche che la trascendono, sciogliendo i traumi e i dilemmi dell’io molteplice, offrendo sogni a occhi aperti in cui realizzare il Paradiso e l’Avventura, l’esperienza olistica della tradizione e quella soggettiva della moderna individualità (p. XXXII).
In tutti i casi, si ricerca qualcosa: un senso, un significato, un simbolo per riscattare una vita avvertita come ordinaria, profana, scialba, misera. Se la religione è tradizionalmente fornitrice di senso, oggi il turismo assolve una funzione simile in compensazione salvifica di un lavoro percepito sempre più come vano, logorante, insoddisfacente, necessario unicamente alla sopravvivenza fisica dell’individuo.
Nel viaggio, il turista cerca salvezza da una impossibile vita di costrizioni. E chi ritiene che sia un mero atto di consumo trasposto, non è consapevole che perfino una condotta disciplinata da agenzie di viaggio e guide del posto può dare soddisfazione e gioia, come forse nessuna attività lavorativa è in grado di fare.