A metà del tredicesimo secolo, un monaco inglese di nome Matthew Paris annotava:
Il detestabile popolo di Satana, vale a dire, un numero infinito di tartari, fece irruzione dalla sua regione stretta tra le montagne e difesa dalle rocce, come demoni fuggiti dall’inferno… e come cavallette che coprono la faccia della terra, devastando con il ferro e con il fuoco i confini orientali, distruggendo città, abbattendo gli alberi dei boschi, sradicando vigneti, uccidendo gli abitanti delle città e delle campagne… Sono più mostri che uomini, assetati di sangue, fanno a pezzi e divorano la carne dei cani e degli uomini; sono vestiti di pelli di bue e corazzati di piastre di ferro; di statura sono tozzi e robusti, muscolosi e forti nel corpo; in guerra sono invincibili, instancabili nel lavoro.
Matthew Paris parlava dei mongoli che, in quel periodo, minacciavano da vicino l’Europa e sembravano sul punto di conquistarla. Alcune tribù mongole si chiamavano “tatari”, ma Matthew Paris, come tanti altri all’epoca, storpiò il loro nome in “tartari”, per assonanza con Tartaro, uno dei nomi che durante il Medioevo designava l’inferno. “Tartari” è ancora oggi il nome con il quale queste tribù sono note nelle lingue europee ed è uno dei tanti nomignoli spregiativi, come “barbari”, “ottentotti”, “eschimesi” (su cui mi sono soffermato in un post precedente) con i quali l’Occidente ha nominato il mondo diverso che sembrava inferiore, strano, incomprensibile. Con il tempo, queste denominazioni sono entrate nel senso comune tanto che, oggi, non le avvertiamo spesso nemmeno come offensive. Eppure, quanto disprezzo e infamia nascondono questi nomi! Si noti, inoltre, che a chi è diverso e minaccioso viene attribuito anche un altro costume orrendo: quello di cibarsi di carne umana. Un po’ come è successo ai comunisti in tempi recenti. Sarà un caso che, per alcuni, anche “comunista” sia una sorta di parolaccia?
Fonte
Silverberg, R., 1998, La leggenda del Prete Giovanni, Edizioni Piemme, Casale Monferrato (AL).