Che cosa c’è di più ordinario e normale che accendere un mutuo, contrarre un’ipoteca, indebitarsi per acquistare una casa, un oggetto di consumo, una vacanza, un intervento chirurgico? Lo fanno tutti oggi. È così che va la vita. E poi vuoi mettere i vantaggi che ti consente di ottenere? Permetterti cose che altrimenti non potresti permetterti. Imitare i divi del momento e trascorrere un periodo di vacanze come loro. Coronare il sogno di una casa tua e solo tua per sempre.
Quanti riflettono, però, sul fatto che un mutuo, un debito, un’ipoteca sono, a tutti gli effetti, veri e propri strumenti di controllo sociale e politico? Leggiamo quello che dice in proposito Marco D’Eramo:
È solo nel XX secolo che il debito assurge a vero e proprio strumento di controllo politico. Lo fa innanzitutto come controllo delle singole persone, delle loro famiglie, attraverso l’istituzione del mutuo. L’Ottocento non conosceva ancora il mutuo per l’acquisto della casa come strumento disciplinatore di intere popolazioni: chi si addossa un mutuo quindicennale o trentennale non è propenso a rivoltarsi, e per una duplice ragione: 1) il mutuo lo rende proprietario di casa, e quindi gli fa interiorizzare l’ideologia proprietaria; 2) il mutuo lo rende in un certo senso debitore di se stesso, prigioniero della sua (futura) proprietà per anni e decenni a venire.
Il mutuo trentennale sulle case garantito dallo stato fu una delle principali innovazioni del New Deal di Franklin Delano Roosevelt, che non a caso esclamava: “Una nazione di proprietari di casa, di gente che si è guadagnata una porzione reale del proprio paese, è invincibile”. Prima di Roosevelt non esisteva il mutuo in senso moderno. Solo con quella riforma l’anticipo da dare per l’acquisto della casa fu abbassato al 10% del suo prezzo, e solo allora la durata del mutuo si dilatò fino a trent’anni, riducendo l’ammontare delle rate mensili, e permettendo a milioni di famiglie operaie e di borghesia piccola piccola (quella che negli Usa si chiama «classe media») di acquistare la propria casa (già negli anni cinquanta più di sei famiglie statunitensi su dieci erano proprietarie della propria dimora) (D’Eramo, M., 2023, Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi, Feltrinelli, Milano, p. 129).
La durata del mutuo
si estende su venti, anche trent’anni, nel corso dei quali il debitore è supposto organizzare, in modo libero e autonomo, la sua vita in vista del rimborso. La questione del tempo, della durata è al cuore del debito. Non solo il tempo di lavoro o il tempo di vita, ma anche il tempo come possibile, come avvenire. Il debito getta un ponte tra il presente e il futuro: anticipa ed esercita una prelazione sull’avvenire. Il debito […] ipoteca nello stesso tempo comportamenti, salari, redditi futuri (D’Eramo, M., 2023, Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi, Feltrinelli, Milano, p. 132).
Al mutuo bisogna aggiungere le rate per l’acquisto di qualsiasi cosa, i black Fridays, gli sconti convenienza, i vouchers, i buoni, le offerte sensazionali: tutti strumenti per plasmare l’identità del consumatore e del piccolo borghese.
Strumenti che accogliamo con favore in quanto ci consentono di raggiungere dei vantaggi si rivelano, dunque, mezzi di disciplinamento sociale, finalizzati a renderci docili nei confronti della struttura di potere in cui viviamo, a garantire la nostra fedeltà a un sistema che fa di noi dei prigionieri a vita, instillando in noi l’illusione di essere liberi e autonomi.
Il potere non ha bisogno di agire su di noi in modo platealmente coercitivo, segregandoci in celle o imponendo condotte acquiescenti in maniera brutale. Ci sono modalità più sottili e pervasive di controllo sociale che ci sorridono nel momento in cui fanno di noi degli schiavi; che ammiccano nel momento in cui rafforzano la nostra servitù; che vellicano i nostri più intimi desideri mentre ci stringono sempre più in una morsa di acciaio.
Pochi pensano al mutuo come strumento di controllo sociale e politico. I pochi che lo fanno vengono accusati di iperbole o follia. Significa che ormai, come afferma D’Eramo, abbiamo interiorizzato perfettamente i dogmi dell’individualismo proprietario su cui si regge la nostra società turbocapitalistica. E guai chi ci tocca la casa, la vacanza o gli altri oggetti acquistati con tanta fatica e dopo tanto tempo. Preferiremmo morire piuttosto che cedere di fronte alle subdole coercizioni del sistema in cui viviamo.