Siamo abituati a immaginare il Medioevo di Dante (1265-1321) come un’epoca di amori ideali e romantici, esemplificati dall’infatuazione del poeta della Commedia per una donna intravista qualche volta e morta in giovane età.
In realtà, l’epoca di Dante era molto “terrena” e “concreta”, come dimostrano alcune sue caratteristiche che troveremmo oggi addirittura inquietanti.
Lo storico Alessandro Barbero, che a Dante ha dedicato una biografia storica, ci fa, ad esempio, notare che, nel Medioevo fiorentino, «l’età canonica per contrarre matrimonio era fissata dalla Chiesa, per le donne, a 12 anni, ma l’età più frequente al matrimonio, per le spose della Firenze di Dante, erano i 15 anni» (Alessandro Barbero, 2021, Dante, GEDI, Torino, p. 65). Inoltre, «di solito la moglie era molto più giovane del marito, in media addirittura di una quindicina d’anni» (Barbero, p. 97). All’epoca di Dante, infine, il matrimonio «era celebrato dal notaio in casa della sposa, e non certo dal prete in chiesa» (Barbero, p. 98). Insomma, stiamo parlando di un’epoca che oggi definiremmo di pederastia autorizzata e in cui l’amore, nelle vicende matrimoniali, c’entrava ben poco.
Lo dimostra il fatto che lo stesso matrimonio di Dante con Gemma Donati fu più simile a un atto notarile che a un rito d’amore, tanto che di Gemma sappiamo davvero poco.
Infine, una curiosità. Barbero ci avverte che, contrariamente a quanto si vede in tante fiction, l’appellativo “messere” (latino, dominus) non era usato per chiunque, ma solo per cavalieri, dottori in legge e dignitari ecclesiastici (Barbero, p. 15). Insomma, sappiamo poco del Medioevo (almeno noi non specialisti) e quello che sappiamo è spesso più frutto di proiezioni e invenzioni anacronistiche che di conoscenza reale.