«In buona sostanza ci siamo limitati ad applicare come fanno altre amministrazioni italiane, di ogni colore politico, il pacchetto Minniti, per questioni di sicurezza e decoro urbano. Sono temi di particolare rilevanza in una città che vuole essere turistica come la nostra». Con queste parole, Stefano Garassino, assessore alla sicurezza di Genova, ha spiegato al Corriere della Sera la recente decisione presa dal suo Comune di multare, con una sanzione di 200 euro, chi rovista nei cassonetti in cerca di cibo. Del resto, decoro urbano e turismo sono oggi i nuovi imperativi delle amministrazioni locali di tutta Italia, impegnate più che mai nel “ripulire” le strade delle proprie città da ogni tipo di disturbo per renderle appetibili a turisti e consumatori. Le città, dunque, come giardini del consumo in cui nessuno ha “problemi” e se li ha – se è mendicante, disoccupato, povero, migrante, anziano, disabile, senza casa, senza niente – è semplicemente rimosso dalla vista. Dalla vista dei turisti, naturalmente, perché i cittadini contano solo in quanto erogano servizi e beni a questi ultimi, non in quanto portatori di bisogni, esigenze, necessità umane e sociali propri. Le nostre città si avviano a diventare (e in qualche caso lo sono già) “non luoghi”, bacini di alienazione residenziale, terre di conquista igienica a ogni costo perché non sia mai che un turista…
Una concezione sepolcrale, mortuaria delle città, congelate nel tempo a furia di ordinanze, affinché regni la bellezza su tutto, anche se la bellezza – mai definita – degli amministratori locali è, in ultima analisi, una bellezza proprietaria, che non ha nulla a che vedere con l’estetica, né tanto meno con l’arte.
La realtà è che le “quistioni sociali” non sono risolvibili con un tratto di ordinanza. Ma le ordinanze ispirate al decoro e all’ordine pubblico sono straordinariamente facili da scrivere e fare applicare. Basta riporre la polvere sotto il tappeto e il gioco è fatto. Tranne che non si tratta di un gioco, ma di bisogni, esigenze, necessità. In altre parole, di vite umane. Che sembrano non “servire a nulla” se non servono al turista.
È questo, in fondo, quello che grida il diritto punitivo municipale.