Non so se Covid “è qui per restare”, come dice la giornalista Agnese Codignola in un articolo di qualche giorno fa di «Repubblica» così intitolato. So, però, che l’espressione da lei adoperata è un calco fedelissimo dell’inglese “here to stay”, entrato surrettiziamente già da qualche anno nel nostro lessico e “rimasto” con noi da allora. Come tutti i calchi fedeli, l’espressione rispecchia “pigramente” l’originale, ma, a causa della sua scaturigine, viene percepita come particolarmente cool anche, e forse soprattutto, dai parlanti che non ne conoscono la provenienza. Si noti, inoltre, nel titolo la rimozione dell’articolo, scelta che dà a “Covid” la parvenza di un nome proprio di persona.
Ci sono molti modi di riferire il concetto della frase in maniera più conforme all’italiano. Potremmo dire: “Il Covid non scomparirà”, “è già entrato nelle nostre vite”, “rimarrà con noi a lungo (o per sempre)”, “ci terrà compagnia ancora per molto” ecc. (altre possibilità sono elencate qui).
Il problema è che tutte le alternative proposte appaiono eccessivamente “lunghe” per un titolo. Capiamo, dunque, perché queste scelte linguistiche hanno spesso (ma non sempre e non sempre per questo motivo) successo: permettono di dire tutto più in breve e hanno un suono strano e vagamente (almeno per chi non ha dimestichezza con l’inglese) straniante.
E “vagamente straniante” fa tanto cool!