Il bias dell’attribuzione ostile

Tra tutti i bias che condizionano la mente umana conducendola a una visione distorta della realtà, uno dei più diffusi tra gli adolescenti è l’Hostile Attribution Bias o “Bias dell’attribuzione ostile” Si può definire come la tendenza a credere che le altre persone abbiano costantemente sentimenti o intenzioni ostili nei propri confronti e si manifesta con dichiarazioni come “Mi odia”, “Non mi sopporta”, “Ce l’ha con me”. Ad esempio, una persona dotata di forte bias di attribuzione ostile, vedendo due individui ridere a pochi metri di distanza, tende a interpretare la loro condotta come se fosse rivolta contro di sé, pur in assenza di ragioni per cui ciò dovrebbe accadere.

Naturalmente, il più delle volte tale credenza non ha alcuna corrispondenza con la realtà. La ricerca scientifica ha rivelato che questo bias è diffuso soprattutto tra bambini e adolescenti aggressivi, vittime di bullismo o di abusi di vario tipo.

Tra gli adulti, l’Hostile Attribution Bias è associato a situazioni relazionali conflittuali, ad esempio nei rapporti tra partner. I genitori che hanno un alto livello di Hostile Attribution Bias hanno maggiori probabilità di punire severamente i propri figli e di creare attriti all’interno del proprio nucleo familiare.

Come dicevo, però, il bias dell’attribuzione ostile è diffuso soprattutto tra gli adolescenti. È probabile che ciò sia dovuto anche a scarsa autostima e complessi di inferiorità in situazioni ambigue in cui non si è in grado di valutare accuratamente le intenzioni altrui, condizioni tipiche dell’adolescenza.

Non riuscendo a “leggere” bene le situazioni che si trovano a vivere, gli adolescenti attribuiscono atteggiamenti ostili a individui che sono del tutto indifferenti nei loro riguardi o, addirittura, che hanno sentimenti positivi verso di loro.

È necessario acquisire precise abilità sociali per superare questo bias che, se trascurato, può protrarsi fino in età adulta e portare a condurre a una vita da reclusi per timore di incontrare individui ostili.

La prossima volta che ascoltiamo un adolescente affermare con convinzione: «Quello mi odia!» oppure «Quella non mi può vedere!», sforziamoci di pensare che forse ciò accade per una errata attribuzione mentale, spesso inevitabile se non si è dotati delle giuste competenze sociali; competenze sociali che, tuttavia, si affinano con il tempo e con l’esperienza per cui è necessario avere pazienza quando ragazzi e ragazze esprimono opinioni estreme nei confronti dei propri simili.

Riferimenti:

Nasby, W., Hayden, B., DePaulo, B. M., 1980, “Attributional bias among aggressive boys to interpret unambiguous social stimuli as displays of hostility”, Journal of Abnormal Psychology, vol. 89, n. 3, pp. 459–468.

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