Può capitare, spulciando libri antichi e dimenticati, di leggere di antiche superstizioni o credenze, prese sul serio e una volta diffusissime, che oggi appaiono ridicole o, al più, testimonianze di un’epoca lontanissima dalla nostra. Più raro, trovare, accanto alla narrazione “credula”, un tentativo di spiegazione razionale, capace di ricondurre la vicenda a termini noti. È quanto succede leggendo il libro di Edward Payson Evans (1831-1917), Animali al rogo. Storie di processi e condanne contro gli animali dal Medioevo all’Ottocento (1906), recentemente ripubblicato dalla casa editrice Res Gestae.
Nel Medioevo – ci dice Evans – non era raro attribuire all’influenza del demonio le malattie degli animali, altrimenti inspiegabili agli occhi di chi non aveva alcuna conoscenza, dati i tempi, di malattie, fisiologia e studi di patologia. I contadini dell’epoca ricorrevano, in tali circostanze, a preti ed esorcisti, la cui opera apotropaica funzionava spesso, anche se non per cause misteriose. Ecco la storia, come raccontata da Evans:
In Europa, i contadini rinchiudono spesso il loro bestiame in stalle cosi basse e strette che gli animali non hanno sufficiente aria per respirare. Ne consegue che, una volta chiuse le stalle per la notte, in breve tempo il bestiame si agita e comincia a mordere il freno e a scalpitare, e lo si trova, al mattino, esausto, debole e coperto di sudore. Il contadino attribuisce questi fenomeni al malocchio e chiama l’esorcista, il quale si accinge a scacciare gli spiriti maligni. Prima di iniziare la cerimonia di esorcismo, apre le porte e le finestre e quest’immissione di aria fresca rende la cacciata dei demoni piuttosto semplice. Un veterinario tedesco, che riferisce parecchi episodi di questo tipo, cercò invano di convincere i contadini che la causa dei loro guai non era la stregoneria, bensì la mancanza di condizioni sanitarie appropriate; infine, visti inutili i suoi sforzi, colto dalla disperazione disse loro che, se avessero lasciate aperte porte e finestre in modo che le streghe potessero entrare ed uscire liberamente, il bestiame non sarebbe più caduto in preda della possessione demoniaca. Questi consigli vennero seguiti e l’influenza demoniaca cessò (pp. 33-34).
Questa storia è particolarmente istruttiva. Non riuscendo a far valere le proprie argomentazioni, il veterinario riesce, comunque, a convincere i contadini della bontà delle stesse, attribuendone, però, l’efficacia non all’azione benefica dell’aria fresca, ma a motivi soprannaturali.
Potremmo ridere di simili storie, ma, a pensarci bene, non ci comportiamo anche noi così quando tentiamo di convincere un bambino a prendere una medicina amara e lo distraiamo richiamando un personaggio delle favole o dei fumetti? O quando la pubblicità ci induce ad acquistare un prodotto, ammantandolo di un’aura magica e soprannaturale che il prodotto, naturalmente, non ha?
Siamo molto più primitivi di quanto pensiamo, come dicono tutti gli antropologi. Solo che non lo sappiamo.