Tra gli errori linguistici intenzionali figurano alcuni esempi in cui, all’interno di una stessa lingua, una parola viene resa con un suo omofono a scopo pedagogico o censorio. È il caso delle ultime parole pronunciate, in punto di morte, dall’ammiraglio Orazio Nelson al capitano Thomas Hardy. Come è noto, il grande eroe inglese morì durante la vittoriosa Battaglia di Trafalgar del 21 ottobre 1805 a bordo della nave Victory, allorché la flotta inglese, pur in inferiorità numerica rispetto a quella franco-spagnola, riuscì ad avere la meglio su di essa, rafforzando la supremazia navale inglese sulla Francia, destinata a durare per anni. Nelson morì alle 16:30 in seguito a una moschettata sparata da una nave francese. Secondo la versione più nota, egli avrebbe allora pronunciato le parole: «Kiss me, Hardy» (“Baciami, Hardy”) o parole molto simili. Lo proverebbero, fra l’altro, tre testimoni presenti sul luogo al momento della morte dell’ammiraglio, William Beatty, il cappellano Alexander Scott e Walter Burke, tutti immortalati successivamente in un famoso dipinto di Arthur Devis, intitolato Death of Nelson (“Morte di Nelson”). Da aggiungere che anche Arthur Devis era presente sulla Victory quando Nelson morì, ragione per cui si ritiene che la sua opera pittorica sia molto fedele a quanto avvenuto nella realtà.
Più precisamente, secondo i resoconti dei testimoni, Nelson avrebbe detto dapprima: «Abbi cura della mia cara Lady Hamilton, Hardy, abbi cura della cara Lady Hamilton», per poi aggiungere debolmente, dopo una pausa: «Baciami, Hardy». Cosa che Hardy fece, sulla guancia di Nelson. L’ammiraglio avrebbe, infine, sibilato: «Ora sono soddisfatto. Grazie a Dio, ho compiuto il mio dovere».
In realtà, alcuni storici dubitano che le cose siano andate davvero in questo modo. Hardy, probabilmente, non era presente accanto al suo ammiraglio nel momento esatto della sua morte. Essendo il capitano della nave, era spesso chiamato a sovrintendere le operazioni in coperta. E anche gli altri testimoni non rimasero sempre accanto a lui fino alla fine. Infuriando una battaglia, è probabile che si siano frequentemente allontanati e siano spesso tornati al suo fianco. Sembra, però, che abbia effettivamente baciato Nelson e che le ultime parole di questo siano state: «God bless you, Hardy» (“Dio ti benedica, Hardy”).
Comunque sia andata, è curioso che la storia successiva gli abbia attribuito le seguenti parole: «Kismet, Hardy». Perché Kismet? Kismet è una parola di origine araba che significa “fato”, “destino” e fu attribuita all’ammiraglio Nelson in piena epoca vittoriana in funziona eufemistica e censoria: un uomo virile, e un eroe per giunta, che dica “baciami” a un altro uomo in punto di morte, avrebbe potuto suscitare dubbi sui suoi orientamenti sessuali e lasciar intendere una sgradevole impressione di omosessualità. Di qui la trovata di sostituire Kiss me con il praticamente omofono Kismet. Che le cose non siano andate così, lo dimostra, però, il fatto che il primo uso documentato del termine kismet risale al 1849, oltre trenta anni dopo la morte dell’ammiraglio. Inoltre, pare bizzarro che un uomo, in punto di morte, decida di adoperare una parola così inconsueta per lanciare un messaggio al mondo.
Insomma, qualsiasi cosa abbia detto Nelson alla fine della sua vita, sembra inverosimile che abbia utilizzato un termine di nuovo conio proveniente da fonte orientale, che oggi, fra l’altro, pochissimi inglesi conoscono.
L’epoca vittoriana, come è noto, inventò l’eufemismo come espediente cosmetico, sociale e moralistico. Ma a volte le sue invenzioni appaiono davvero bizzarre.