Una sottile, vischiosa, invadente strategia retorica sta prendendo sempre più piede tra politici, amministratori, uomini e donne di spettacolo, imprenditori e altre personalità. L’ultimo esempio è quello del candidato per il centrodestra alla Regione Lombardia, Attilio Fontana. Il fatto è noto. Fontana, intervenendo a Radio Padania, afferma: «Dobbiamo decidere se la nostra etnia, se la nostra razza bianca, se la nostra società deve continuare a esistere o se deve essere cancellata». Il giorno dopo, in risposta alle inevitabili polemiche suscitate da parole tanto sconsiderate, Fontana commenta: «Ho usato un’espressione sbagliata e di questo mi dolgo».
È questa la strategia retorica. Un personaggio pubblico pronuncia parole forti, inaccettabili, assolutamente non condivisibili. Poi, quando l’opinione pubblica reagisce sdegnata alle sue parole, ne attenua la forza , affermando, come Fontana, «Ho usato un’espressione sbagliata e di questo mi dolgo», oppure «Scusate, è stato un lapsus», «Sono stato frainteso», «È stata una provocazione», «La frase è stata estrapolata dal contesto», «È solo propaganda». In questo modo, si ottiene un duplice scopo. Da un lato, si attenua, agli occhi dell’opinione pubblica, il vigore traumatico della frase in questione. Dall’altro, si fa passare un messaggio forte che comunica ai destinatari intenzionali dello stesso – il proprio elettorato, altri personaggi pubblici, referenti del proprio ambito professionale o dello spettacolo – un contenuto che corrisponde alle reali opinioni del personaggio e che serve a sondare il terreno rispetto alle proprie posizioni, a intercettare ammiccamenti, a coagulare consenso. In questo modo, è come se il personaggio dicesse: «Vedete, questo è quello che penso davvero e che credo sia la verità, ma sono costretto ad attenuare le mie parole per non alienarmi le simpatie dell’opinione pubblica. Voi, però, sapete quello che penso». Si tratta di una ipocrisia calcolata, un “dire e non dire”, un lanciare il sasso e nascondere la mano per lanciarlo meglio. Una tattica becera molto affine al noto meccanismo del “Diffama sempre il tuo nemico. Vedrai che qualcosa resta nella memoria della gente”. Anche in questo caso, qualcosa rimane sempre nella memoria della gente. E quello che rimane non è la smentita o il passo indietro, ma il messaggio originale.
Il risultato è che sta crescendo un popolo di provocatori, diffamatori, propagatori di fake news che scagliano di tutto sul loro uditorio, tanto poi ci si può sempre “scusare”, “schermirsi”, protestare di “essere stati fraintesi”, “accusare gli altri di non aver capito”, denunciare l’immancabile, fraudolento “contesto”. Con la conseguenza che nessuno ha il coraggio di affermare qualcosa senza smentire o ritornare sui propri passi.
È una strategia persuasiva di cui pochi sembrano rendersi conto e che vedremo protagonista nel corso della prossima campagna elettorale. Stiamo attenti a questi “propagatori di smentite”. Diffidiamo delle loro ipocrite ritrattazioni.