La vicenda del vaccino di AstraZeneca, prima sospeso in mezza Europa il 15 marzo e poi riabilitato tre giorni dopo, sembra essersi conclusa con il ritorno alla normalità delle vaccinazioni. In un comunicato ufficiale, l’EMA (European Medicines Agency), l’Agenzia europea per i medicinali, con sede ad Amsterdam, istituita quale agenzia comunitaria dell’Unione europea per la valutazione dei medicinali, ha dichiarato che
“1) i benefici del vaccino nel contrastare la minaccia persistente del COVID-19 (che, di per sé, causa problemi di coagulazione del sangue che possono portare alla morte) continuano a essere superiori al rischio di effetti collaterali;
2) il vaccino non è associato a un incremento del rischio complessivo di coaguli nel sangue (eventi tromboembolici) in coloro a cui viene somministrato;
3) non vi sono prove di problemi relativi a lotti specifici del vaccino o a particolari luoghi di produzione”.
Come è noto, il vaccino era stato sospeso per il verificarsi di alcuni “eventi avversi” conseguenti alla somministrazione dello stesso in vari paesi europei; eventi avversi riducibili a 25 su circa 20.000.000 di somministrazioni in tutta Europa.
La vicenda stimola diverse riflessioni:
a) Da un punto di vista comunicativo, l’affaire rappresenta un esempio illuminante di disastro comunicativo. Appena poche ore prima della sospensione da parte dell’EMA, l’AIFA, l’Agenzia italiana per il farmaco, aveva comunicato che il vaccino di AstraZeneca era sicuro ed efficace, smentendo ogni rapporto causale tra somministrazioni e decessi verificatisi in Italia. I media, da parte loro, hanno dato grossa enfasi agli “eventi avversi”, rafforzando nel pubblico l’idea che qualcosa dovesse pure esserci. Il rilievo “umano” dato a questi ultimi, con interviste a parenti sconsolati e confusi, ha sicuramente avuto la meglio, nell’immaginario collettivo, sulle spiegazioni numeriche che, come è noto, hanno efficacia comunicativa bassissima se confrontate con la disperazione reale di persone in carne e ossa. Le lacrime di una donna che ha perso il padre valgono molto più di ogni rassicurazione a base di termini come “statistiche” e “correlazioni”. Tutto ciò, in un contesto in cui domina già un’estrema confusione nei confronti delle scelte di contrasto alla pandemia delle varie autorità nazionali e internazionali; scelte spesso incongruenti e ondivaghe.
È noto che il panico è funzione diretta di comunicazioni non lineari e contraddittorie. La schizofrenia comunicativa riguardo alla vicenda AstraZeneca è sufficiente, di per sé, a far aumentare disagi, insicurezze ed “esitazione vaccinale”.
b) Da un punto di vista psicosociale, l’affaire ha vellicato alcune potenti fallacie mentali che già abitualmente compromettono il nostro modo di pensare. Mi riferisco a due di esse in particolare: la fallacia denominata post hoc ergo propter hoc e il cosiddetto bias attentivo. Riguardo al primo, abbiamo avuto ulteriore conferma del fatto che la nostra mente tende irresistibilmente a ritenere che se un fatto si verifica dopo un altro, il secondo è causato inevitabilmente dal primo. Intendiamoci. Rilevare nessi tra fatti che succedono l’uno dopo l’altro è parte del processo che conduce a ipotizzare rapporti di causa-effetto, tema centrale di ogni impresa scientifica. Qui si parla di fallacia perché la mente umana tende a rilevare nessi causa-effetto anche laddove non ce ne sono, semplicemente mettendo in relazione avvenimenti che variano insieme. Ma naturalmente, il fatto che due fenomeni varino insieme (correlazione) non significa che l’uno sia la causa dell’altro (causazione).
Un sito mostra che spesso, a fronte di indici di correlazione di tutto rispetto, i fenomeni correlati possono essere del tutto improbabili. Apprendiamo, ad esempio, che il numero di persone che affoga cascando in piscina correla con il numero di film in cui è apparso Nicholas Cage (66,6%), così come il tasso di divorzi nel Maine correla con il consumo pro-capite di margarina con una percentuale del 99,26%! Potremmo andare avanti. Nel nostro caso, il fatto che si siano verificati casi di trombosi in pochissimi casi su circa 20.000.000 di dosi di vaccino inoculate dovrebbe essere ascritto alla casualità, ma la mente umana non sopporta il caso e vuole un responsabile. Quale migliore “colpevole” del vaccino che, fra l’altro, ha il demerito di essere usato per persone sane ed è già al centro di controversie di ogni tipo da oltre cento anni?
Il “bias attentivo” o attentional bias indica la tendenza della mente umana a dirigere l’attenzione in modo preferenziale verso uno stimolo emozionalmente saliente, distogliendola da altri stimoli, spesso più salienti (disattenzione selettiva). Nel caso della vaccinazioni AstraZeneca, è indubbio che, grazie anche al ruolo dei media, l’attenzione di tutti si sia diretta verso gli esiti più rilevanti da un punto di vista emotivo – decessi ed effetti collaterali gravi – a scapito dei milioni di effetti nulli o di poco conto registrati in milioni di vaccinati.
Fra l’altro, alcuni studi dimostrano che, in ambito clinico, l’attentional bias favorisce l’insorgere di disturbi d’ansia e depressivi, canalizzando l’attenzione del soggetto verso gli aspetti più negativi della sua condizione e aumentando le convinzioni verso pensieri automatici negativi e l’ipervigilanza. In termini più generali, la pandemia da Covid-19 ha indotto in ognuno di noi un fortissimo bias attentivo, i cui esiti vaccinali rappresentano semplicemente l’ultima propaggine.
c) Ancora da un punto di vista psicosociale, l’ipervigilanza di cui sopra ha, tra l’altro, l’effetto di favorire l’attribuzione di significati iperbolici, straordinari e singolari agli effetti collaterali della vaccinazione in generale e della vaccinazione AstraZeneca in particolare. Sarebbe facile far notare che qualsiasi medicinale al mondo è seguito da un corteo di effetti collaterali che spesso occupano più di una pagina di bugiardino.
Estendendo il discorso, possiamo dire che ogni nostro comportamento, per quanto banale e ordinario, è contraddistinto da una soglia di rischio rispetto alla quale spesso non facciamo altro che scrollare le spalle. Attività come attraversare la strada, guidare l’automobile, friggere l’olio in padella causano ogni anno decine e decine di incidenti, anche mortali, ai quali, per lo più, non diamo alcun peso e che pure sopravanzano nettamente i rischi conseguenti a una vaccinazione. Ancora una volta, è la “stranezza” del vaccino a destare sospetti: esso viene infatti percepito come un “intruglio” per i sani per prevenire un contagio niente affatto certo; un pleonasmo, dunque, rispetto al quale non bastano le rassicurazioni che i benefici sono superiori ai rischi.
E così, ipervigilando, ingolfiamo la nostra mente con le notizie riguardanti gli esiti più clamorosi e mortali delle vaccinazioni, dimenticando gli invisibili effetti positivi che esse diffondono nella collettività. Potremmo rassicurare tutti dicendo che i vaccini hanno spazzato via dalla terra malattie terribili di cui rimane oggi quasi solo il nome, ma temo che ciò finirebbe con l’incupire ulteriormente tutti coloro che esitano a vaccinarsi perché – ancora una volta – lo strazio di una persona che ha perso un parente “per colpa di AstraZeneca” sopravanza l’imparzialità di qualsiasi libro di storia delle malattie.