Chi sono i disabili? Qual è la loro storia? Come sono stati considerati nel corso del tempo? Come hanno reagito di fronte alle etichette che i “normali” hanno posto su di loro?
Sono queste alcune delle domande alle quali il noto giornalista del «Corriere della Sera» Gian Antonio Stella tenta di rispondere nel suo ultimo libro Diversi. La lunga battaglia dei disabili per cambiare la storia (Solferino, Milano, 2019), ripercorrendo storie, aneddoti, biografie, pagine dimenticate e lati oscuri delle vicende che hanno come protagonisti i disabili.
Quanti di noi sanno che il grande drammaturgo Arthur Miller aveva un figlio con la sindrome di Down che fece di tutto per dimenticare? Chi conosce in dettaglio i gironi dell’inferno a cui i nazisti condannarono migliaia di disabili nel nome della “pura razza ariana”? Che relazione c’è tra Darwin, Lombroso e la storia della disabilità? Che cosa pensavano grandi filosofi come Aristotele e Platone dei disabili? Ogni capitolo del libro di Stella apre uno squarcio su conoscenze negate, trascurate, rigettate della storia dell’umanità, una storia fatta non solo di linearità e progresso, ma anche di battute d’arresto, regressioni, produzione di scarti, si chiamassero questi folli, devianti, mendicanti, poveri, rivoluzionari o… disabili. Non è un caso che alle esistenze di questi “scarti” sono associate parole terribili come mattanze, ferocia, abbandoni, inferiorizzazione, marginalizzazione. E non è un caso che la storia dei disabili sia ancora un tema sostanzialmente marginale a cui solo da poco studiosi di varia formazione hanno cominciato a dedicare il loro tempo.
Stella scrive in maniera non accademica, privilegiando uno stile friendly, che privilegia le storie e non le teorie, ma disdegnando ogni tentazione larmoyante. Questo rende il suo libro leggibile, informativo e, oserei dire, formativo.
Sottolineo in particolare, a pp. 121-122, la trascrizione di alcune righe della mia traduzione di Osservazioni su una classificazione etnica degli idioti di John Langdon Down, un testo fondamentale per la storia delle persone con sindrome di Down, che invito a leggere qui nella sua interezza.
Forse un giorno si capirà che la storia dei disabili è la storia di tutti noi e che i disabili non sono affatto scarti o “casi umani”, per adoperare un termine oggi in voga, ma persone come noi che ci diciamo “normali” e che trascuriamo le nostre piccole disabilità quotidiane (chi di noi non è miope, sordo per eccesso di earphones, disambulante per carenza di esercizio fisico, o semplicemente disabile perché anziano?). Quello che la storia della disabilità ci insegna (o dovrebbe insegnarci) è che la disabilità non è qualcosa che interessa solo pochi “sfortunati”, ma una condizione che, prima o poi, investe tutti, se non direttamente, almeno indirettamente per via di parenti, coniugi, figli, amici, conoscenti. Una condizione, insomma, che non possiamo relegare ai margini, ma che fa parte della nostra vita mainstream, anche se forse non ci fa piacere ricordarlo, sedotti, come siamo, dai miti della perfezione che la nostra società di ammannisce ogni giorno ossessivamente.
Per alcune osservazioni di carattere sociologico su Osservazioni su una classificazione etnica degli idioti di John Langdon Down, rimando al mio Mancini, mongoloidi e altri mostri. Cinque casi di costruzione sociale della devianza (2014).