Hanno visto tutti. Nella mente del tifoso è il mio nuovo libro, pubblicato da Meltemi, dedicato al calcio e ai suoi meccanismi psico-sociali. Il testo si propone di analizzare, con il contributo di discipline come la sociologia, l’antropologia, la storia, la psicologia sociale e la psicologia cognitiva, alcuni dei luoghi comuni più diffusi e meno contestati del calcio – “Il calcio è solo un gioco”, “Era meglio il calcio di una volta”, “Sfogarsi fa bene” – e, in particolare, il luogo comune del tifoso folle, dissezionato alla luce delle scoperte delle scienze psicologiche e sociali che evidenziano che la mente del tifoso è condizionata dagli stessi bias mentali della mente dell’uomo comune, seppure con alcune specificità e particolarità. Il volume affronta anche il tema dei bias che condizionano la mente di giocatori, arbitri e scommettitori.
Il quadro originale che ne scaturisce “defatalizza” (per dirla con Bourdieu) e mette in discussione tutta una serie di assunti dati per scontati sul calcio e il tifo, invitando, nelle conclusioni, a riappropriarsi di una dimensione più reale e meno moralistica e acritica del calcio, considerato come un “fatto sociale totale” e non come un semplice (e un po’ banale) gioco. Alcune delle domande a cui si tenta di dare risposta sono: Il calcio è solo un gioco? Il calcio di un tempo era migliore di quello di oggi? È vero che sfogarsi fa bene? Tifosi di squadre opposte vedono la realtà nello stesso modo? Quali sono i meccanismi che influenzano la percezione del gioco del calcio da parte dei suoi protagonisti? Quali sono le conseguenze sociali dell’assunzione dell’identità di tifoso? Come interpretano la partita i giocatori e gli arbitri? Perché i tifosi sono così propensi a scorgere complotti e ingiustizie dappertutto? Quali sono le credenze erronee degli scommettitori? Sono diverse da quelle delle persone comuni?
Una delle idee portanti del libro è che il recupero di una dimensione più reale del calcio possa servire anche ad assumere un atteggiamento più tollerante e meno isterico nei confronti di alcuni fenomeni legati al calcio e a evitare tentazioni complottistiche o di eccessiva apoteosi nei confronti dei suoi protagonisti.
“La tentazione – così diffusa presso i tifosi – di gridare al complotto, all’“arbitro venduto”, di imputare determinate condotte a perfide cospirazioni, intenzioni malevole, disegni di palazzo, può essere stemperata dalla consapevolezza che gli errori, i passi falsi, le idiosincrasie degli eroi del calcio sono dovuti più all’assetto della nostra mente che a trame ineffabili ordite in luoghi nefandi”
Qui un’intervista sul libro concessa a Letture.org. Qui una recensione su «Avvenire».