“La legge di Lidia Poët” è una recente serie Netflix, con Matilda De Angelis nei panni della protagonista, liberamente ispirata alla vita della prima avvocata d’Italia ad essere iscritta all’ordine degli avvocati.
Lidia Poët (1855-1949), in effetti, è esistita davvero. Laureata in giurisprudenza nel 1881, fu ammessa all’esercizio dell’avvocatura nell’agosto 1883, iscrizione poi revocata qualche mese dopo (novembre 1883) sulla base dell’argomentazione che, quello di avvocato, non era mestiere per donne.
Solo nel 1920, all’età di 65 anni, in seguito all’approvazione della Legge n. 1179 del 17 luglio 1919, Poët riuscì a entrare nell’Ordine degli avvocati e a vedere riconosciuto un lavoro che, di fatto, esercitava da anni con il fratello Enrico.
Ora, se, da un lato, la serie Netflix ci consente di acquisire familiarità con una figura non da tutti conosciuta e sicuramente meritevole di essere apprezzata, anche per il suo lavoro pioneristico in ambito femminista, dall’altro, evidenza notevoli inesattezze e anacronismi a cui vale la pena accennare.
Nel primo episodio, la protagonista è vista dallo spettatore in aperto rapporto sessuale con un giovane amante che, si intuisce, impegnato in un cunnilinguo. I due si mostrano nelle loro nudità perfette, esibendo comportamenti sessuali oggi normalissimi, ma assolutamente discutibili per l’epoca; epoca che sosteneva standard sentimentali, sessuali e igienici sensibilmente diversi dai nostri. Quanti riflettono, ad esempio, sul fatto che pratiche sessuali orali presuppongono forme di igiene incompatibili con gli standard di pulizia del XIX secolo?
Non sto dicendo che tali pratiche non fossero possibili all’epoca, ma che presentarle, come viene fatto nella serie, come “fatto ordinario” è piuttosto lontano dallo spirito del tempo.
Ugualmente inverosimile, nel secondo episodio, l’ingresso della Poët in una fumeria d’oppio frequentata da loschi individui e membri dell’alta borghesia.
Come nel caso del sesso, questa scelta sembra avere come fine una rappresentazione fin troppo spregiudicata e ribelle di una donna che, nella vita reale, fu una borghese ligia ai costumi del suo tempo.
Il linguaggio dei protagonisti, anche in contesti formali, è eccessivamente “contemporaneo”. Nessuno pronuncia termini, espressioni, formule dell’Ottocento. Solo la lettura della sentenza di revoca dell’iscrizione di Poët viene resa in maniera più o meno aderente all’originale. Per il resto, tutti parlano come si parla oggi.
Anche il linguaggio non verbale dei protagonisti della serie è palesemente contemporaneo: smorfie, scrollate di spalle, movimenti del corpo, modi di camminare tradiscono una non verbalità tipica dei giorni nostri, nonché una disinvoltura gestuale che non ci si aspetterebbe da individui che vivono nel XIX secolo.
La colonna sonora della serie è totalmente dissonante rispetto alla realtà storica della trama: non ci sono arie e musiche dell’Ottocento, ma motivi rock ovviamente sconosciuti a chi visse all’epoca.
È probabile che tali anacronismi servano a rimarcare l’eterodossia del personaggio “Lidia Poët”, ma è evidente che le distanze tra realtà e rappresentazione sono eccessive.
Infine, la Lidia Poët della fiction è una donna bella e affascinante. La vera Lidia Poët, almeno in base alle immagini disponibili, aveva un aspetto fisico ordinario. Ciò rientra nella tendenza filmica a valorizzare i protagonisti attribuendo loro caratteristiche fisiche, estetiche e morali superiori alla media nel presupposto che la bellezza esteriore rispecchi il possesso di qualità interiori d’eccezione. Si tratta di una vecchia strategia retorica della fiction televisiva che, però, può provocare distorsioni e cattive interpretazioni della storia reale.
Allo stesso modo, la protagonista viene resa in maniera ipersessualizzata e iperfemminista, scelta, a mio avviso, discutibile.
Anacronismi e imperfezioni non tolgono, comunque, nulla al fatto che la serie “La legge di Lidia Poët” consente di conoscere un personaggio ignoto ai più e che merita di essere conosciuto. Al riguardo, raccomando questo sito che consente di penetrare nel mondo della vera Lidia Poët, anche attraverso la lettura dei suoi scritti.