Per quanto molte siano ancora oggi le controversie sul Gesù-uomo, sul significato che i contemporanei assegnavano alla sua figura, sull’affidabilità storica dei Vangeli, su ciò che, in definitiva, realmente accadde quando Gesù fu in vita, una cosa è certa: l’idea che i fedeli oggi hanno di lui è completamente diversa sia dall’opinione che ne avevano i contemporanei, sia dai fatti storici che caratterizzarono la sua esistenza. Si può senz’altro dire che i cristiani di oggi adorano un Gesù trasfigurato, mitico, circonfuso da un alone irreale, mai esistito. Un esempio di tale trasfigurazione è dato dall’opinione che i più hanno di lui come “messia”. Lo dice molto bene Bart D. Ehrman in uno dei suoi ultimi libri tradotti in italiano, Prima dei vangeli.
Oggi i credenti sono abituati a pensare che il messia dei giudei era stato preannunciato come un uomo sofferente che sarebbe morto per salvare la sua gente. All’epoca di Gesù, però, nel mondo giudaico nessuno condivideva questa visione, anzi: prima di allora, nessuno l’aveva mai condivisa. Nessuno pensava che il messia sarebbe stato ucciso dai suoi nemici. Semmai, si pensava il contrario.
Ai tempi di cui ci occupiamo, nel giudaismo coesistevano aspettative differenti riguardo alla figura del messia. Il termine “messia” di per sé significava semplicemente “unto”. In origine il titolo era appannaggio dei re di Israele, come Davide o Salomone, i quali, in occasione della loro incoronazione, venivano unti con olio in segno della benevolenza che Dio mostrava nei loro confronti. Si riteneva che, una volta ricevuta l’unzione, il re acquisisse uno statuto particolare dinnanzi a Dio, quasi come fosse suo figlio (2Sam 7, 11-14). Ai tempi di Gesù, quando il trono di Israele era vacante e non vi era alcun unto del Signore a governare il popolo, alcuni erano convinti che un giorno sarebbe arrivato un re, discendente di Davide, il quale avrebbe sconfitto i nemici di Israele e inaugurato un regno che avrebbe rinnovato i fasti dell’età monarchica. Costui era il messia.
Altri attendevano un messia che sarebbe disceso dal cielo, un giudice cosmico che avrebbe annientato gli oppressori di Israele e instaurato il Regno di Dio, la cui capitale sarebbe stata Gerusalemme. Altri confidavano nell’avvento di un messia-sacerdote che avrebbe governato autorevolmente il popolo di Dio mediante la retta interpretazione della Legge mosaica. Varie, in definitiva, erano le aspettative messianiche (Ehrman, B., 2017, Prima dei vangeli, Carocci Editore, Roma, p. 202).
L’interpretazione del ruolo del messia oggi è, dunque, completamente diversa da quella che se ne dava in passato. Ma i cristiani continuano a coltivare una idea astorica di Gesù, sviluppatasi nel corso del tempo e consacrata, ad esempio, dalla Chiesa cattolica fino a divenire “senso comune”. Non è l’unica. Ma, come ogni dato del senso comune, è estremamente difficile da contraddire. Intanto, si persevera nell’errore.