In occasione di pestilenze ed epidemie non è infrequente che le persone, prese dal panico, si precipitino a fare incetta di beni di consumo nel timore che gli usuali canali di distribuzione commerciale vengano, per qualche motivo, interrotti e si crei una penuria di cibi, prodotti per la pulizia e altre merci più o meno di prima necessità.
È successo anche nelle prime settimane dell’epidemia di coronavirus, in particolare nel mese di marzo. Le immagini delle telecamere ci hanno documentato per giorni file interminabili di consumatori che facevano incetta di ogni bene, scaffali vuoti o semivuoti nei supermercati, scene simil-apocalittiche di carrelli stracolmi come se il Governo avesse proibito di fare la spesa nei giorni a venire. Per fortuna, i timori sono rientrati in pochi giorni e il panico da accaparramento si è dissolto dopo le continue rassicurazioni che i comportamenti di consumo non sarebbero stati stravolti dalle misure di contenimento concepite per fronteggiare il coronavirus.
Ciò che ha colpito molti osservatori è la sproporzione tra merci acquistate ed effettivi bisogni dei consumatori. Tra i prodotti incettati nei giorni di panico d’acquisto non c’erano solo alcol etilico, amuchina, mascherine e saponi detergenti – prodotti che, sin dall’inizio, sono stati indicati come importanti ai fini del contrasto al virus – ma anche creme per il viso, prodotti dermatologici e carta igienica. Già, anche la carta igienica. Perché in tanti si sono affrettati a fare scorta di un bene che non appare di prima necessità e che non rischiava affatto di scarseggiare? Gli psicologi hanno proposto varie spiegazioni. Secondo alcuni, il COVID-19 sarebbe percepito come una minaccia per il nostro senso di controllo, e gli acquisti da panico risponderebbero al bisogno di compensare la perdita di tale senso. Secondo altri, l’acquisto di un prodotto familiare come la carta igienica consentirebbe di ridurre l’ansia, dando l’illusione che tutto continui come prima. Secondo altri, infine, un ruolo preponderante lo avrebbero avuto i media che, diffondendo immagini di carrelli strapieni di carta igienica, avrebbero segnalato per contagio la necessità di accaparrarsi questo bene.
Credo che una spiegazione altrettanto valida sia costituita dal noto meccanismo della profezia che si autoavvera. Secondo la classica definizione di Robert Merton, la profezia che si autoavvera è «una supposizione o profezia che per il solo fatto di essere stata pronunciata, fa realizzare l’avvenimento presunto, aspettato o predetto, confermando in tal modo la propria “veridicità”». La profezia che si autoavvera si compone di tre fasi:
1) Una convinzione o credenza consapevole o non consapevole;
2) Un’aspettativa legata a questa convinzione o credenza;
3) Un comportamento che discende da questa convinzione o credenza e che finisce con il confermarla o con l’avere conseguenze reali.
Facciamo un esempio letterario. Ne Il delitto di Lord Arthur Savile di Oscar Wilde, il protagonista decide di uccidere qualcuno per liberarsi dall’ossessione della profezia del chiromante Septimus Podgers, che gli preannuncia un omicidio. In altre parole, convinto della bontà delle parole del chiromante e aspettandosi di uccidere qualcuno, Lord Savile finisce con l’uccidere davvero, finendo con il fare avverare la profezia iniziale del chiromante.
Lo schema di cui sopra può essere riprodotto in questo modo nel caso del racconto di Wilde:
1) Convinzione o credenza: alcune persone sono dotate del dono della profezia.
2) Aspettativa: in seguito all profezia di Septimus Podgers, Lord Savile si aspetta di uccidere qualcuno.
3) Comportamento: in preda all’agitazione che discende dalla convinzione, Lord Savile uccide Septimus Podgers, finendo con il confermare la profezia iniziale..
Applichiamo lo stesso schema agli acquisti da panico che hanno caratterizzato i primi giorni dell’epidemia di coronavirus:
1) Convinzione o credenza: durante le epidemie i beni sono soggetti ad esaurimento perché le persone si precipitano ad acquistarli.
2) Aspettativa: presto la carta igienica finirà perché tutti si precipiteranno ad acquistarla
3) Comportamento: mi precipito anch’io ad acquistare la carta igienica. Conseguenza: poiché tante persone si affrettano ad acquistare carta igienica, questa si esaurisce.
Che le cose possano essere andate in questi termini, è confermato dalle interviste a varie persone nei giorni iniziali dell’epidemia, che hanno ammesso candidamente di essersi affrettate ad acquistare beni di ogni tipo dopo “aver visto gli altri farlo” e aspettandosi, dunque, un rapido esaurimento delle scorte da parte dei supermercati.
L’insegnamento più profondo della profezia che si autoavvera è il seguente:
La scoperta che noi stessi creiamo la nostra realtà equivale a una cacciata dal paradiso della presunta oggettività del reale. Ora dobbiamo confrontarci con la possibilità di essere totalmente responsabili non solo di noi stessi ma anche dell’invenzione e della produzione di realtà per altre persone (Paul Watzlawick).
Questa responsabilità ci impone di fare attenzione al potere di aspettative e idee che, lungi dal rimanere nella testa di chi le produce, si proiettano all’esterno, operando in maniera inaspettata e pervasiva. Soprattutto in alcune aree dell’agire sociale, gli effetti della profezia che si autoavvera devono essere ben valutati se non si vuole correre il rischio di generare effetti perversi. Questo è tanto più vero nel caso della psicologia delle epidemie che è parecchio suscettibile a catalizzare effetti disastrosi che la paura sa accelerare in maniera imprevedibile. Le epidemie non sono solo un fenomeno che attiene alla virologia o alla medicina. Esse hanno la capacità di innescare potenti meccanismi psicosociali che possono avere le stesse conseguenze disastrose di un virus. Per questo, è necessario essere consapevoli di tali meccanismi e disattivarli prima che sia troppo tardi.