Vari studi (ad es. qui e qui) indicherebbero una associazione diretta tra frequenza eiaculatoria (il numero di volte in cui si eiacula in un mese) e probabilità di contrarre un cancro alla prostata. Più precisamente, gli uomini che eiaculano una ventina di volte al mese avrebbero un terzo (o un quarto) di rischio in meno di sviluppare un tumore alla prostata, forse perché l’eiaculazione favorisce l’eliminazione di sostanze potenzialmente cancerogene.
Tali risultati sono stati riportati a livello divulgativo anche in Italia. Su «Mind» di gennaio 2018 (p. 71), ad esempio, si legge: «Nell’uomo […] avere una ventina di orgasmi al mese invece che sette ridurrebbe il rischio di cancro alla prostata di circa un quarto, secondo uno studio condotto dalla ricercatrice statunitense Jennifer Rider e dai suoi colleghi della Harvard University, negli Stati Uniti. L’ipotesi più accreditata è che l’eiaculazione favorisca l’eliminazione di sostanze potenzialmente cancerogene». «La Repubblica» del 9 luglio 2019, p. 13 conferma: «Si legge sulla rivista dei medici americani Jama: un uomo che eiacula 21 volte o più al mese ha un terzo di rischio in meno di sviluppare un tumore alla prostata».
Non voglio entrare nel merito delle ricerche, basate per lo più sulle autodichiarazioni dei soggetti sperimentali (è credibile che un uomo di 49 anni abbia 21 orgasmi al mese?), né sulle conseguenze in chiave preventiva dei loro risultati (già vedo folle di settantenni stremati costringere le loro donne avvizzite a ripetuti rapporti sessuali per salvare la propria prostata). Ciò che mi interessa rilevare è che, soprattutto a livello divulgativo, l’orgasmo è sempre più concepito come un fattore medico e sanitario per la prevenzione della depressione, dell’ansia, dell’obesità, per favorire una vita più piena e soddisfacente, per vivere fino a 120 anni ecc. Questa insistenza ripetuta sulle funzioni positive dell’orgasmo induce nei lettori la convinzione che ciò che conta è il numero di orgasmi ottenuti, indipendentemente da come vengono ottenuti, e lascia intravedere un futuro non troppo lontano in cui anziani preoccupati dalle condizioni della propria prostata si rivolgeranno a qualche unità operativa della ASL per reclamare il proprio sacrosanto diritto all’orgasmo preventivo quotidiano. E poi, c’è da domandarsi, se l’eiaculazione favorisce l’eliminazione di sostanze potenzialmente cancerogene, perché le donne dovrebbero essere contente di ricevere in dono tali sostanze? Sarebbe forse meglio istituire gruppi di auto-aiuto in cui ci si dà una mano a vicenda in nome della scienza (perdonatemi: la battuta era irresistibile)?
La medicalizzazione crescente cui è sottoposta la nostra società rischia di sommergere ogni significato umano della sessualità e di trasformare sesso e sentimenti in “pillole naturali” per garantire una vita più lunga. Ma se alcuni degli aspetti più belli dell’essere umano sono ridotti a farmaci, che senso ha vivere più a lungo e in preda all’ansia preventiva?