Le rubriche di quotidiani e riviste popolari propongono spesso ai loro lettori piccoli esercizi divinatori consistenti nell’inferire la personalità di un individuo in base a orientamenti, scelte, predilezioni settoriali dello stesso individuo. Formulazioni tipiche di tali esercizi sono: “Dimmi che cosa mangi e ti dirò chi sei!”; “Dimmi dove vai in vacanza e ti dirò chi sei!”; “Dimmi che lavoro fai e ti dirò chi sei!”; “Dimmi per quale squadra tifi e ti dirò chi sei!”; “Dimmi che cosa vedi in televisione e ti dirò chi sei!” ecc. Dietro queste formulazioni c’è l’illusione che la complessità della personalità umana sia in fondo riconducibile a un unico fattore – l’alimentazione, il clima, la fisiologia, la psicologia ecc. – in grado di spiegare in maniera esaustiva comportamenti, atteggiamenti, orientamenti, indipendentemente da altri possibili fattori. Non è difficile comprendere perché questi esercizi abbiano successo presso il grosso pubblico. Essi incoraggiano spiegazioni facili e superficiali dell’agire umano, inducendo la convinzione che, sotto sotto, la vita non sia che quel cibo, quel tipo di relazione, quella passione ecc. In realtà, è noto come uomini che hanno seguito una dieta vegetariana si siano rivelati più aggressivi di uomini che hanno seguito diete a base di carne (la carne è comunemente ritenuta un alimento che stimola l’aggressività): l’esempio più clamoroso è Adolf Hitler che adottò una dieta vegetariana proprio nel periodo della Seconda guerra mondiale. Ancora, uomini di sinistra (Togliatti, Bertinotti) hanno notoriamente fatto il tifo per squadre “padronali” (Juventus, Milan) e scialbi funzionari (l’Eichmann di cui parla Hannah Arendt), lungi dall’essere individui miti, si sono rivelati assassini feroci capaci di mandare a morte migliaia di persone.
Del resto, la passione per le spiegazioni monofattoriali non è appannaggio dell’uomo della strada. Nelle scienze sociali, sociologia, psicologia, criminologia hanno spesso promosso teorie esplicative basate su un unico fattore. In criminologia, ad esempio, le cause della criminalità sono state identificate, di volta in volta, nella conformazione del cranio, in un irrisolto complesso di Edipo, nell’azione onnipotente dei genitori. E, sebbene simili spiegazioni non siano più credibili, non manca chi, di tanto in tanto, non si vanti di aver individuato la “vera” causa del crimine, qualunque essa sia.
Insomma, niente di nuovo sotto il sole. Gli umani continuano a nutrire un profondo interesse nei confronti delle spiegazioni onnicomprensive, oggi come ieri. E questo la dice lunga sulla loro psicologia. Si sarebbe quasi tentati di dire: “Dimmi come spieghi le cose e ti dirò chi sei!”. E si sarebbe quasi tentati di aggiungere: “Gli esseri umani rifuggono la complessità e amano la semplicità”.
Alle teorie monofattoriali ho dedicato il mio libro Mancini, mongoloidi e altri mostri. Cinque casi di costruzione sociale della devianza.