Nel bel libro di Giorgio Dobrilla, Cinquemila anni di placebo (Edra Edizioni, 2017), trovo questo aneddoto:
Il giornalista Gaslero Plesch riporta sull’organo del Partito Nazionale Fascista La Provincia di Bolzano del 28 luglio 1937 che Jean-Nicolas Corvisart, medico personale di Napoleone I, aveva guarito la moglie dell’imperatore affetta da vari malanni prescrivendole tramite il farmacista di corte la seguente ricetta: «Aqua fontiz 50 g, eadem repetita 100 g, eadem distillata 100 g, nihil aliud, misce secundum artem». Attenti alle dosi: un cucchiaino in un bicchier d’acqua, al mattino, a digiuno. L’imperatrice consiglia la stessa cura miracolosa alle amiche di corte e pure a un alto prelato giunto a Fontainebleau da Roma che lamentava disturbi vari e malessere. Il prelato legge la ricetta, non si trattiene dal riso ed è costretto a tradurre la ricetta alla sconcertata imperatrice: «Acqua di fonte 50 grammi, la stessa altri 100 grammi, acqua distillata 100 grammi, “nient’altro”. Mescolare adeguatamente e assumere, come indicato, un cucchiaino al mattino» (p. 27).
Un aneddoto del genere non dovrebbe sorprendere chi ha familiarità con il latinorum mistificante di cui si lamenta Renzo ne I promessi sposi di Manzoni o con il latino esotico e manipolatorio delle coscienze delle masse pronunciato nelle messe cattoliche fino al 1965. In tutti questi casi, il latino ha la funzione non di comunicare, ma di persuadere, sedurre, incantare, abbindolare. Oggi che il latino è stato sostituito dall’inglese, gli effetti placebo della lingua di Gran Bretagna e Stati Uniti sono sotto gli occhi di tutti. Ad esempio, è indubbio che essere un accountant sia meno banale che essere un “ragioniere” o un “contabile”. La spending review pare più accettabile di una minacciosa “revisione della spesa”. Così come la pet therapy produce più risultati di una terapia basata su attività svolte con animali domestici. E poi c’è naturalmente la location del meeting per il brainstorming per superare i competitor e l’austerity per poi passare un bel weekend in una beauty farm decisamente trendy. Tutto questo crea un’atmosfera densa di connotazioni positive perché, come dice Giacomo Leopardi (o James Leopard, se vi piace) “Nel pronunziare o nel sentir pronunziare una lingua straniera, ci piacciono più di tutti quei suoni che non sono propri della nostra”. Insomma, anche la lingua è un placebo. E se sei fashion sei molto più che “alla moda”.