Nel 1890, in un numero della rivista «Fanfulla della domenica», oggi reperibile in versione digitalizzata presso la Digiteca della Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea, Cesare Lombroso pubblica un curioso scritto intitolato I delinquenti-nati fra gli animali. La tesi sostenuta dal criminologo italiano è sintetizzabile nel seguente modo: così come esistono delinquenti nati fra gli uomini, ne esistono anche fra gli animali. Lo proverebbero le ricerche di zoologi suoi contemporanei che discettano dei comportamenti “contro natura” di alcune specie animali, le cui motivazioni appaiono ai loro occhi inspiegabili. L’articolo propone una breve carrellata di tali comportamenti a partire da quelli esibiti da alcuni parassiti delle api halyctis, chiamati sphœcodes, i quali, attraverso raffinate strategie, derubano e uccidono gli halyctis in maniera decisamente crudele. Il comportamento degli sphœcodes è giudicato da Lombroso come «un atto individuale di brigantaggio, trasmessosi ai discendenti, senza altra causa determinante». Dopo i “parassiti briganti”, Lombroso menziona le “api ladre”, presso le quali «il furto occasionale diventa un’abitudine, e poi si propaga per imitazione» e può essere incrementato dall’ubriacatura; i “cani rissosi” (anche questi a causa dell’alcol); il delitto d’impeto delle formiche amazzoni, le quali, dopo un combattimento, sono «prese da un vero furore che le spinge a mordere ciecamente quanto trovano intorno, le larve, le compagne, fino le loro schiave, che cercano calmarle e tentano afferrarle per le zampe e tenerle immobili finché l’ira sbollisca»; le tendenze tribadiche di alcune anatre femmine.
Ciò che colpisce dell’argomentazione di Lombroso è il costante, ossessivo, ricorso all’analogia che, da un lato dovrebbe rendere consapevoli dell’esistenza di comportamenti devianti nel mondo animale, dall’altro diventa una modalità per legittimare le teorie lombrosiane dell’atavismo e dell’eredità genetica delle condotte criminali. In realtà, il fatto che il comportamento dei parassiti ricordi vagamente un comportamento brigantesco, non autorizza a parlare di briganti fra gli animali. Né tanto meno di furti tra le api, tribadismo tra le anatre e delitto d’impeto tra le formiche. L’analogia conduce a un antropomorfismo forzato che finisce con il proiettare sugli animali le tesi precostituite del ricercatore che, così, appaiono ancora più bizzarre e surreali di quando sono applicate agli esseri umani. Il ricorso, infine, a pochi casi non autorizza a generalizzare una teoria a tutto il mondo animale. Ma di indebite generalizzazioni e grossolane analogie è piena la criminologia di Lombroso.
Ho trascritto qui il breve testo di Lombroso. Buona lettura (critica).
Per altre considerazioni sulla faciloneria metodologica di Lombroso, rimando al mio Mancini, mongoloidi e altri mostri.