Uno degli aspetti più sconcertanti dell’amore romantico è il fatto che, nelle fasi iniziali di una relazione sentimentale, quelle più “incantate”, alcuni individui dichiarano di essere attratti dagli stessi aspetti che poi, quando subentra il disincanto, trovano sgradevoli o irritanti. Così a un uomo può capitare di trovare affascinante la “timidezza” di una ragazza per poi, qualche tempo dopo, sentirsi infastidito dalla sua “insicurezza”; oppure a una donna può succedere di provare attrazione per un uomo “volitivo” che in seguito verrà percepito come “cocciuto”. La sociologa Diane Felmlee ha condotto un curioso studio su questo fenomeno, che chiama delle “attrazioni fatali” (fatal attractions) e che rappresenta un ottimo esempio degli aspetti “bizzarri” (ma non per questo meno interessanti) ai quali i sociologi dedicano i propri studi.
Le “attrazioni fatali” sono evidenti tanto in relazioni finite quanto in relazioni che durano ancora. In entrambi i casi, è sconcertante come proprio la qualità che, sotto l’effetto della passione amorosa, appare tanto incantevole, finisce poi col diventare motivo di irritazione, come nel famoso film La guerra dei Roses (1989) in cui perfino il modo di ridere del partner diviene una caratteristica odiata. La ricerca della Felmlee, condotta su un campione di 125 studenti, rivela che “gli individui tendono a trovare sgradevoli le qualità che inizialmente li attraggono al partner quando queste qualità sono diverse da quelle che essi hanno, sono di tipo estremo o riguardano caratteristiche di personalità piuttosto che fisiche”. È come se, nelle fasi iniziali dell’innamoramento, calasse sugli occhi di chi ama una sorta di velo che impedisce di vedere le cose per quello che sono realmente fino a che, col passare del tempo, caduto il velo, o comunque fortemente logoratosi, lo sguardo tornasse a vedere realisticamente quella qualità e magari a chiedersi: «Come è possibile che non me ne sia reso conto prima?».
La Felmlee suggerisce che, a dispetto del mito dell’amore romantico, l’esistenza di profonde differenze di personalità o di altro tipo tra i partner può condurre più facilmente a una successiva disillusione. Insomma, gli opposti, a lungo andare, non si attraggono più.
Un altro risultato della ricerca della Felmlee è che, se l’attrazione iniziale è prevalentemente basata sulla bellezza fisica, quando questa viene meno, appaiono agli occhi di chi ama una serie di difetti che riguardano la personalità che prima non erano visti. Come se, con la “pancetta”, arrivasse anche la consapevolezza che “non solo il fisico, ma anche la personalità non è granché”. Come afferma la Felmlee, «ciò che unisce due persone all’inizio di una relazione può contribuire a promuovere il conflitto o addirittura a causare una separazione». Insomma, almeno in questo caso, gli opposti si attraggono davvero, almeno nel senso che un aspetto della persona amata che amiamo può, nel tempo, essere da noi infinitamente odiato. I due estremi – amore e odio – finiscono così con il toccarsi e, quindi, attrarsi. Anche se non abbiamo il coraggio di dirlo al partner.
Davvero interessante l’articolo. E’ proprio vero, nella fase iniziale ciò che ci attrae è soprattutto l’elemento fisico, e lo stesso può diventare fattore di rottura quando i segni del tempo iniziano a disgregare l’immagine stereotipata della propria partner.