Cristiani cretini?

Tra i numerosi argomenti fallaci che condizionano il ragionamento umano (i cui elenchi sembrano aumentare sempre più quasi che il cervello degli esseri umani fosse una sentina di brutture precipitate dalla perversa incompetenza del nostro organo sovrano), uno dei più capziosi è quello etimologico che consiste nel far riferimento all’etimo di un termine per avallarne una certa interpretazione. Il presupposto è che l’etimologia rimandi al significato “vero”, “autentico” del termine, di cui l’attuale, se discordante, è solo una degenerazione. Un esempio è dato dal verbo “divertirsi”: dal momento che “divertire” significa etimologicamente “allontanare”, è facile concludere che chi si diverte, in realtà, si allontana dalla retta via.

In questo senso, l’argomento etimologico si presta a speculazioni ingannevoli: seducenti, forse, ma sicuramente ingannevoli.

Un caso di specie è offerto dal termine “cretino” su cui mi sono già soffermato in un altro post. “Cretino”, inteso come “persona di scarsa intelligenza” o come “persona affetta dalla patologia del cretinismo”, deriva dal franco-provenzale crétin, variante di chrétien, “cristiano”.

Ciò può condurre semplicisticamente a ritenere, in base all’argomento etimologico, che i “cretini” sono “cristiani” o che i “cristiani” sono “cretini”.

Le cose, però, non stanno in questi termini, come avverte l’Accademia della Crusca, che alla vicenda dedica una corposa riflessione. Infatti, la variante crétin veniva adoperata nel XVIII secolo in alcune regioni della Svizzera romanda di lingua franco-provenzale per indicare varie forme di ipotiroidismo congenito. Da lì, per evoluzione semantica, crétin passò a essere utilizzato nel senso commiserativo di “povero cristo”, “infelice”, con riferimento all’immagine del Cristo sofferente.

In definitiva, la relazione di “cretino” con “cristiano” non deve

essere intesa in senso offensivo: l’accezione di cretino che deriva direttamente da cristiano è quella medica, non quella ingiuriosa, la quale invece si sviluppa più tardi, e inoltre testimonia un barlume di sensibilità nel trattamento quotidiano della malattia.

Rifarsi all’origine di un termine per trarne conclusioni di un certo tipo è una tentazione fortissima, ma completamente errata. Il significato attuale del termine non è, di per sé, più o meno “vero” o “autentico” di quello originario e l’argomento etimologico si rivela essere solo una strategia retorica finalizzata a persuadere l’interlocutore della bontà delle proprie asserzioni.

Ne sapeva qualcosa il filosofo tedesco Martin Heidegger che alle etimologie attribuiva grande importanza e che conduceva molte sue riflessioni su base etimologica con esiti spesso discutibili.

L’argomento etimologico è ancora oggi uno dei più insidiosi in circolazione anche perché sfrutta il tema delle “radici” a cui noi tutti siamo piuttosto sensibili. La realtà è che il significato attuale di un termine può superare completamente il suo etimo fino a rendersi a questo irriconoscibile. Ciò non ne fa per questo una versione “degenere”. Le parole cambiano e diventano altro da quello che erano in origine senza che ciò comprometta in qualche modo la loro bontà. La ricerca delle origini diventa allora solo un modo per “venderci” una visione ideologica del mondo, conferendole una parvenza di legittimità.

Questa voce è stata pubblicata in Turpiloquio e contrassegnata con , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.