In psicologia sociale, il Modello delle credenze sulla salute (Health Belief Model) rappresenta ad oggi uno dei più importanti modelli esplicativi e predittivi del comportamento che l’individuo ha nei confronti della malattia.
Secondo questo modello, che ha generato un numero di ricerche davvero cospicuo, il comportamento è una variabile dipendente da quattro componenti: (1) la “suscettibilità percepita”, ossia la percezione soggettiva del rischio o della vulnerabilità nei confronti di una minaccia per la salute; (2) la “gravità percepita”, che riguarda la percezione della gravità della minaccia per la salute; (3) i “vantaggi percepiti”, ovvero la percezione dell’efficacia di un’azione diretta nel prevenire o ridurre la minaccia di una malattia; (4) gli “ostacoli percepiti”, vale a dire la valutazione delle conseguenze negative che potrebbero essere associate al comportamento preventivo. Queste variabili possono essere influenzate da altre variabili, sia demografiche (l’età, il sesso, l’etnia) sia psicosociali (personalità, classe sociale, gruppi di appartenenza, gruppi di riferimento) sia di altro tipo (campagne di informazione, opinioni di persone significative).
Il Modello delle credenze sulla salute è stato criticato sia perché si colloca quasi esclusivamente al livello delle credenze dell’individuo, come se questi fosse staccato dai propri legami sociali e il suo comportamento fosse determinato unicamente dalle sue credenze, sia perché non riesce a spiegare come mai alcuni individui preferiscono mettere in pericolo la propria salute, pur percependo l’entità del rischio.
Indipendentemente dai limiti, il modello è interessante perché consente di fare alcune riflessioni su come le variabili su cui si regge intersecano il tema Covid-19. Prendiamo, ad esempio, il concetto di suscettibilità percepita. È noto che la percezione soggettiva del rischio di ammalarsi di Covid-19 è estremamente variabile nella popolazione mondiale: il rischio è percepito come molto basso dalle fasce demografiche più giovani; estremo, quasi terrorizzante presso gli ultraottantenni. La continua infodemia sulla questione, inoltre, condiziona enormemente la percezione del rischio, favorendo processi di negazione o sottovalutazione che sono sotto gli occhi di tutti.
Stesso discorso per la gravità percepita. Molte persone non si fanno spaventare dagli esiti di una malattia che, talvolta, appare come “poco più di un raffreddore” o favorisce addirittura stati asintomatici. In altri casi, pesa il ricordo degli “intubati” in ospedale. Ciò non può che avere effetti contraddittori o polarizzanti sulla percezione della gravità del virus.
Contraddizioni e polarizzazioni condizionano pesantemente il successo delle campagne di prevenzione condotte dal governo. Per questo motivo, i vantaggi della vaccinazione come rimedio preventivo e immunizzante sono percepiti in maniera non lineare, mentre talvolta vengono messi in risalto gli ostacoli percepiti e, quindi, le conseguenze negative che potrebbero derivare dalla vaccinazione, fino all’estremo di improbabili quanto fantasiose congetture complottistiche (il vaccino come strumento per impiantare nella nostra pelle microchip destinati a controllarci tutti!).
Se le credenze, come sostiene il Modello delle credenze sulla salute, esercitano una influenza considerevole sulle nostre scelte in materia di salute, non sorprende che le campagne di prevenzione del Covid-19 non abbiano sortito e non sortiscano effetti di rilievo sui comportamenti delle persone, a meno che non vengano imposte a forza di DPCM e altri provvedimenti emergenziali che prevedono sanzioni per i trasgressori.
Vedremo come andrà la campagna vaccinale, che – almeno al momento – non è stata imposta coattivamente alla popolazione. Se questa sarà lasciata libertà di vaccinarsi o no fino alla fine, è probabile, però, che le credenze ondivaghe, se non negative, nei confronti dell’efficacia dei vaccini potranno determinare il fallimento di questa importante forma di prevenzione. Solo la promozione di informazioni e comunicazioni lineari e coerenti, confluenti in credenze altrettanto solide e compatte, potrà contribuire al successo di uno strumento – la vaccinazione – che da sempre suscita apprensione ed esitazione (l’OMS parla di vaccine hesitancy) in larghi strati demografici.
Fonte: Rosenstock, I. M., 1974, “Historical Origins of the Health Belief Model”, Health Education Monographs, vol. 2, n. 4, pp 328-335.