Nel 2020 la Nigeria, ultimo paese africano, è stata dichiarata polio-free dalla Organizzazione Mondiale della Sanità ed è stata inserita nel novero delle regioni che hanno debellato la forma selvaggia della poliomielite. Ad oggi Pakistan e Afghanistan rimangono gli unici paesi al mondo in cui resistono sacche di una malattia che, dopo aver fatto tremare il mondo per un secolo, sembra ormai scomparsa.
Ciò è avvenuto anche grazie all’enorme sforzo compiuto sul fronte vaccinale che ha portato alla creazione, dopo un percorso certamente non lineare, di uno dei rimedi più efficaci contro questo virus.
Ma quali sono le ragioni per cui solo nel 2020 la Nigeria è stata dichiarata polio-free? E perché Pakistan e Afghanistan continuano a essere aggrediti dalla malattia?
Una delle ragioni – come ricorda Agnese Collino, autrice di La malattia da 10 centesimi. Storia della polio e di come ha cambiato la nostra società (Codice Edizioni, Torino, 2021) – sta nelle credenze relative alla nocività dei vaccini che, ancora oggi, sono diffuse in determinate aree del mondo, comprese Nigeria, Pakistan e Afghanistan. Qui, infatti, in un clima di odio e sospetto, circola la convinzione che il vaccino antipoliomielite contenga agenti sterilizzanti, interferisca con il volere divino (che imporrebbe l’accettazione fatalistica di alcune malattie), contenga derivati del maiale (vietato dall’Islam), diffonda l’HIV e serva a controllare in qualche modo la popolazione locale.
Ad alimentare, in parte, tali convinzioni contribuiscono vicende poco chiare come quanto accaduto nel 2011, allorché
la CIA (l’intelligence americana) ha inscenato una finta campagna vaccinale contro il virus dell’epatite B per ottenere campioni di DNA dei bambini presenti nel rifugio di Osama Bin Laden ad Abbottabad, nel Nord del Pakistan. I campioni sarebbero serviti a verificare se qualcuno dei piccoli fosse strettamente imparentato con il leader di Al Qaida, e quindi a confermare indirettamente che quell’edificio fosse effettivamente il suo nascondiglio, cosa che in quel momento era ancora incerta. Questo escamotage si è poi rivelato di fondamentale importanza nell’operazione che ha portato all’uccisione di Bin Laden, il 2 maggio 2011 (Collino, cap. 7).
Se escludiamo simili circostanze, che, come afferma ancora Collino, hanno «dato sostanza alle peggiori paure del mondo islamico verso le procedure mediche occidentali importate su suolo musulmano» (Collino, cap. 7), una osservazione merita di essere fatta.
È estremamente accattivante la tentazione di imputare le credenze riguardanti i vaccini rilevate in alcuni paesi dell’Africa e dell’Asia all’arretratezza culturale di tali paesi. In realtà, nel corso della recente crisi pandemica mondiale, è emerso che credenze simili, se non identiche, hanno caratterizzato anche il fronte degli antivaccinisti nostrani, convinti che i vari vaccini Pfizer, Moderna ecc. servissero a sterminare la popolazione, a renderla sterile o a inserire nei nostri corpi potentissimi microchip in grado di controllare il nostro comportamento.
Come non si stancano di ripetere gli antropologi culturali, l’idea di una superiorità culturale dell’Occidente rispetto agli altri paesi del mondo è spesso illusoria e tale illusorietà si manifesta proprio in occasione di crisi sanitarie, quando emergono timori che forse potremmo definire ancestrali, se questo termine non corresse il rischio di generare ulteriori pregiudizi negativi di una parte del mondo verso l’altra.
In conclusione, una delle lezioni che possiamo trarre da queste vicende è che uomini e donne sono uguali in tutto il pianeta. Soprattutto, quando hanno paura.