Come è noto, sono migliaia le persone che, in questi giorni, subiscono sanzioni e denunce per aver violato le regole di emergenza contro il coronavirus. Un numero in costante aumento a dispetto della gravità delle sanzioni possibili (si pensi che per la violazione dell’art. 452 del Codice penale “Delitti colposi contro la salute pubblica” si rischia fino a 12 anni di carcere) e delle conseguenze in termini di contagio che da queste violazioni possono derivare.
Amministratori pubblici, politici, esperti, opinionisti, influencer ammoniscono unanimemente a rispettare le regole, a non uscire di casa, a essere responsabili. Sono coniati slogan (il più celebre è #iorestoacasa), composti motivi musicali, eseguiti flashmob politically correct (il flash mob, di per sé, è un assembramento temporaneo di persone e gli assembramenti, come è noto, sono vietatissimi di questi tempi). Ma niente. Le persone non ce la fanno a rimanere a casa.
Qualche giorno fa è diventata celebre la ramanzina impartita da Gianfilippo Bancheri, sindaco del Comune siciliano di Delia, ai suoi concittadini, accusati, fra l’altro, di aver riscoperto il podismo proprio in questi giorni, dopo anni di inattività fisica. Più in particolare, sembra che non solo le persone non obbediscano alle nuove norme di comportamento imposte dall’emergenza epidemica, ma che si divertano a escogitare ogni tipo di soluzioni fantasiose per aggirarle. Così c’è chi va in strada perché altrimenti non riuscirebbe a dormire la notte, chi porta a spasso cani finti, chi si spaccia per fattorino e chi va in cerca di asparagi perdendosi nei boschi…
Perché lo fanno? Quali sono le cause per cui tante persone “normali” e solitamente ligie alla legge diventano improvvisamente trasgressive in un periodo così delicato della nostra storia? Le risposte sono le più varie. In ordine sparso: indifferenza, irresponsabilità, inciviltà, menefreghismo, superficialità, forza dell’abitudine (inerzia). Tutte risposte che richiamano, in qualche modo, ragioni morali, tranne l’ultima che chiama in causa un fattore psicologico. Il motivo, però, potrebbe essere un altro e avere un nome molto noto agli psicologi e meno al grande pubblico: reattanza.
“Reattanza psicologica” è un concetto sviluppato dallo psicologo Jack Brehm per spiegare la risposta degli esseri umani alla perdita della libertà d’azione. La maggior parte dei nostri atteggiamenti è eminentemente stabile, a dispetto degli sforzi di persuasione impiegati per modificarli. Quando una persona sente che la sua capacità di scelta è minacciata, è sottoposta a una motivazione di reattanza, motivazione che tende a ristabilire la sua libertà di scelta. Nella vita quotidiana, è noto che privare qualcuno di qualcosa può far sì che questi ricerchi con desiderio accresciuto la cosa sottratta. In pubblicità, fornire un prodotto in quantità limitata può far aumentare il bisogno di acquistarlo. Il bisogno di mantenere la propria libertà di scelta spinge ad apprezzare cose che altrimenti avrebbero un valore limitato: ad esempio, censurare un film ha spesso l’effetto di aumentare il desiderio di vederlo. In ambito sentimentale, l’opposizione dei genitori al rapporto tra due giovani può provocare per reazione un rafforzamento del legame di coppia. In questo caso, il divieto dei genitori sortisce un effetto boomerang per cui non solo il legame non si scioglie, ma, anzi, si rafforza con conseguenze, a volte, opposte rispetto alle originarie intenzioni.
In psicologia si parla anche di “principio di scarsità” per indicare la tendenza a pensare che le opportunità sono più desiderabili quando la loro disponibilità è limitata. Questo principio agisce sul fatto che le persone sembrano più motivate a procedere dal timore di una perdita che dalla speranza di un guadagno, a parità di condizioni. Il principio è utilizzato dalle aziende per vendere un prodotto a tiratura limitata o quando una merce è in via di esaurimento (vedi i casi recenti dell’amuchina e delle mascherine). Al valore psicologico della scarsità obbedisce anche la collezione di oggetti rari o il valore di francobolli e banconote difettosi.
Insomma, le inosservanze delle norme di questi giorni che impongono di non uscire di casa se non per comprovati motivi di necessità potrebbero essere dovute alla tendenza, propria di ogni essere umano, a ristabilire la propria libertà di scelta. Se ciò è vero, i messaggi di sensibilizzazione che insistono, con toni spesso paternalistici, se non patriarcali, sull’importanza del divieto risulterebbero più efficaci se sottolineassero quello che si può guadagnare dal rispetto delle regole piuttosto che diffondersi su minacce e punizioni con il dito indice eretto e la bava alla bocca.
Della “reattanza psicologica” e di tanti altri meccanismi della mente, parlo nel mio libro Dizionario della incredulità e degli inganni della mente (2007).