Da un articolo del prof. Sergio della Sala pubblicato per la rivista Query, apprendo che quest’anno il premio Ig Nobel, che dal 1991 viene concesso a ricerche bizzarre e fantasiose che “prima fanno ridere e poi pensare”, è stato conferito a uno studio sulla pareidolia.
Lo studio in questione, intitolato “Seeing Jesus in toast: Neural and behavioral correlates of face pareidolia”, pubblicato sulla rivista Cortex, è uno studio serissimo che mostra come gli esseri umani abbiano la tendenza, che secondo gli autori è correlata al funzionamento di una precisa area neurale del nostro cervello, a vedere figure dotate di senso – in questo caso facce e lettere – in immagini assolutamente amorfe e casuali. Gli autori hanno mostrato ai soggetti delle facce (a) chiaramente distinguibili), (b) facce poco riconoscibili, (c) lettere chiaramente riconoscibili, (d) lettere poco riconoscibili, (e) immagini prive di senso e (f) immagini di controllo, registrando le loro reazioni. La parte più importante della ricerca è quella in cui gli autori hanno mostrato ai partecipanti alcune immagini prive di senso, suggerendo che nel 50% di esse fosse possibile scorgere dei volti o delle lettere. In risposta, i soggetti hanno effettivamente visto volti e lettere nel, rispettivamente, 34% e 38% delle volte.
Lo studio conferma che se abbiamo l’aspettativa o la credenza di vedere un volto o una lettera, tendiamo effettivamente a vederla in molti casi. È facile immaginare le implicazioni della ricerca per la psicologia delle visioni. Se in un contesto neutro e asettico come quello di un esperimento un numero considerevole di soggetti è in grado di vedere “cose” quando opportunamente imbeccato, immaginiamo che cosa può succedere in un contesto carico di aspettative religiose (come Loudes o Medjugorje) tra gruppi di persone portatrici di credenze forti e convinzioni miracolistiche.
Personalmente questa ricerca non mi fa ridere, ma solo pensare. E a voi?