Perché l’economia è definita dismal science, ovvero “scienza triste”, “cupa”, “desolata”, “abietta”, “angosciante”? Forse perché, con tutti i grafici, le teorie astruse, le formule matematiche di cui abbonda nei suoi manuali, offre ai lettori un’immagine arida e grigia della disciplina e della realtà sociale a cui essa è applicata? Forse perché la rappresentazione dell’homo oeconomicus propagandata dalla teoria economica classica – rappresentazione che contempla un uomo meramente razionale, ossessivamente preciso nei suoi calcoli e attento esclusivamente al proprio tornaconto personale – appare eccessivamente asfittica e avvilente nei confronti della complessità umana?
Se ancora oggi l’economia attira critiche feroci da parte dei suoi detrattori, amareggiati anche dal ripetuto fallimentare profetismo dei suoi adepti, le origini del termine dismal science non sono affatto recenti e non hanno nulla a che fare con l’evoluzione della scienza economica nella contemporaneità.
Esse risalgono, invece, a un articolo del 1849 dello scrittore scozzese Thomas Carlyle, intitolato “Occasional Discourse on the Negro Question” e pubblicato in forma anonima nella rivista londinese Fraser’s Magazine for Town and Country.
Ma perché, nel lontano 1849, Carlyle elesse l’economia a bersaglio dei suoi strali? Perché… l’economia si opponeva alla schiavitù, da lui invece considerata positivamente. Il liberismo, infatti, considerava caratteristiche come la razza analiticamente irrilevanti. La legge della domanda e dell’offerta faceva piazza pulita di ogni distinzione nazionalistica, religiosa, di istruzione, di classe sociale, razziale a favore della logica del libero mercato. Per essa l’unica attività che distingue l’essere umano dalla bestia è lo scambio commerciale.
Rifacendosi ad Adam Smith e al suo Wealth of Nations (1776), gli economisti classici sostenevano, in base all’assioma della scelta razionale, che non vi sono differenze naturali tra gli individui, non vi sono “padroni naturali”, non vi sono “schiavi naturali”. Tutte le differenze tra gli esseri umani possono essere spiegate dagli incentivi, dalla storia, dai costumi e dalle abitudini.
Se, dunque, Carlyle definì la scienza economica una dismal science, ciò avvenne perché essa possedeva delle caratteristiche e una visione del mondo che oggi consideriamo positive in quanto presuppongono un essere umano libero e uguale a tutti gli altri esseri umani.
Se desiderate sapere di più su questa vicenda e sulle sue paradossali evoluzioni, vi invito a leggere qui la mia traduzione – la prima in italiano, a mia conoscenza – di “Occasional Discourse on the Negro Question”, preceduta da una introduzione che ricostruisce il contesto e i termini della genesi della dismal science. Una vicenda sicuramente interessante, degna di essere conosciuta da tutti.