Un gran numero di forme di divinazione del futuro, alcune delle quali adoperate ancora oggi, si basano sull’interpretazione di forme visive o suoni vaghi: in altre parole, sulla pareidolia. In Mesopotamia, ad esempio, vari sistemi mantici prevedevano il ricorso a meccanismi pareidolici. Uno di questi era la cledonomanzia, la capacità di ottenere risposte alle nostre interrogazioni attraverso l’ascolto di un nome o di un suono. Ecco un esempio:
Se, quando un uomo ha pregato il suo dio, un rumore-ominoso-percepito-fortuitamente (egirrù) gli risponde subito – egli sarà prontamente esaudito, (perché) il dio ha ascoltato la sua preghiera (Vernant et alii, 1982, Divinazione e razionalità, Einaudi, Torino, p. 104).
Qui il “rumore-ominoso” era uno stimolo uditivo assolutamente vago che l’interrogante interpretava secondo il proprio sistema di credenze e aspettative. Un altro metodo era la lecanomanzia basata sull’interpretazione delle forme di alcune gocce d’olio lasciate cadere nell’acqua, come nei seguenti esempi:
Se l’olio (gettato sull’acqua) si divide da se stesso in due parti – si tratta di una campagna-militare: i due campi (nemici) si affronteranno; se la domanda è stata fatta a proposito di un malato: morirà.
Se, dal centro dell’olio (gettato sull’acqua), si staccano due “ponti”, uno maggiore dell’altro – la sposa dell’interessato metterà al mondo un figlio maschio; quanto al malato, guarirà.
Se l’olio si sparpaglia verso oriente e si formano cinque “ponti” – l’interessato è in preda a un vecchio debito in denaro… (op. cit., p. 124)
L’aleuromanzia studiava i disegni formati dalla farina gettata nell’acqua:
Se la farina, (raggruppata) verso occidente, è intatta a destra e a sinistra, ma divisa nel mezzo – il malato in questione sarà oggetto di voci (pessimistiche), ma resterà (in fin dei conti) sano e salvo… Se la farina, (raggruppata) verso oriente, si gonfia – è perché uno spettro si è impadronito dell’interessato, e tale spettro è (quello) della “Mano di suo padre” (op. cit., p. 124).
La libanomanzia, infine, traeva presagi dalle figure formate dal fumo che usciva dall’incensiere:
Se, quando versi (la sostanza aromatica) sulla brace, il fumo si sprigiona (solamente) verso destra, e non verso sinistra – avrai la meglio sul tuo avversario. Se si sprigiona (solamente) verso sinistra, e non verso destra – il tuo avversario avrà la meglio su di te. Se la parte alta del fumo si raccoglie come (i rami di) una palma, mentre la parte inferiore rimane sottile – un dispiacere sopraggiungerà all’interessato (op. cit., p. 125).
In tutti questi casi, l’indovino creava una cornice all’interno della quale il dio doveva fornire una risposta, ma, ovviamente, essendo la risposta un suono o uno stimolo visivo vago, era l’indovino stesso che costruiva ex nihilo la sua premonizione ed era dunque responsabile delle sorti predette. Lo studio della pareidolia ci insegna che questa attività interpretativa è di competenza esclusivamente umana. Moltissimi, però, tanto nell’antica Mesopotamia quanto oggi, sono convinti che l’indovino sia solo un tramite tra dio (o altra entità, anche malvagia) e l’uomo. Ciò eleva lo status del presago all’interno della comunità di appartenenza e consente di fare di quella dell’indovino una professione rispettabile e lucrativa, come sanno tutti coloro che si rivolgono a maghi e cartomanti. Sarebbe molto meglio intendere una volta per tutte che sono gli stessi “stregoni” a creare i significati dei vaticini per poi renderli commerciabili. Se solo capissimo che è tutta una questione di pareidolia!