Come i ruoli ci condizionano

Capita di sentir dire: “Non mi vedo come insegnante!” oppure “Non potrò mai essere un dirigente!” oppure ancora “Per me sarebbe impossibile ballare!” o, infine, “Sarei un pessimo genitore!”.

Si tratta di affermazioni basate su aspettative di ruoli mai interpretati e verso cui immaginiamo esiti negativi.

In realtà, la sociologia ci insegna che è il ruolo ad attivare le funzioni, ossia che l’esperienza di sé in contesti insoliti chiama in causa risorse di noi stessi che non immaginavamo di avere e che diversamente rischiano di rimanere inesplorate.

Lo stesso meccanismo è all’opera quando diciamo: “Se diventerò un marito (moglie)/genitore/dirigente/ rimarrò la stessa persona. In realtà, il mero fatto di assumere un ruolo diverso induce in noi dei cambiamenti che – gradualmente di solito, ma a volta anche repentinamente – conducono a un cambiamento della nostra personalità.

Insomma, non siamo un insieme fisso di tratti, ma entità sensibili al cambiamento, dato il contesto adeguato (un nuovo ruolo, ad esempio).

Sono, quindi, senza fondamento le preoccupazioni di quanti non accettano di cambiare perché non sarebbero mai in grado di interpretare un nuovo ruolo. Si pensi a coloro che decidono di non sposarsi perché “non sarebbero mai dei buoni mariti/delle buone mogli” o che decidono di non avere figli perché “non sarei mai un buon padre/una buona madre”.

“Sono fatto così!” ci difendiamo, barricandoci dietro un’identità che supponiamo (o che ci fa comodo supporre) immutabile e che, in realtà, è solo il precipitato di anni di abitudini e routine.

Spesso, il semplice fatto di sperimentare un nuovo ruolo attiva in noi energie che non credevamo di avere. Non a caso alcuni orientamenti terapeutici indicano nel “gioco di ruolo” un metodo utile per conoscerci meglio e facilitare il cambiamento.

Queste riflessioni, sedimentate da tempo nelle teorie sociologiche, ci insegnano che i ruoli possono essere gabbie che condizionano la nostra vita, ma anche occasioni per sperimentare nuove versioni di noi stessi. Sta a noi utilizzarli in un modo o nell’altro.

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