Se si perseguisse seriamente una sociologia del sacro, ci si renderebbe conto che perfino la creazione di un santo e l’elezione di un santo patrono obbediscono a meccanismi sociologici spesso sottili, ma non per questo meno descrivibili. Raccontando i modelli di santità e i comportamenti religiosi del regno di Napoli tra il 1540 e il 1750, ad esempio, Jean-Michel Sallmann (Santi barocchi, Argo, 1996, pp. 101-102), osserva che
Eleggendo un santo patrono, una comunità cerca di mettersi sotto la protezione di una potenza soprannaturale. I napoletani – e in questo non sono certo diversi dal resto del mondo – immaginano i rapporti di potere nella sfera celeste così come vengono loro proposti dalla vita quotidiana. Il santo patrono è un «avvocato», termine correntemente utilizzato per la Madonna, la più potente di tutte le protettrici. In quanto avvocato, riceve dai suoi clienti l’incarico di perorare la loro causa davanti al tribunale celeste. Il patrono è quindi scelto per la potenza e la capacità nel far sentire la sua voce e quella dei suoi protetti, e nel piegare ai suoi fini i disegni della Provvidenza.
I modelli di santità riflettono, dunque, la struttura sociale cui essi fanno riferimento. In società oppresse dal bisogno e dalle contingenze del quotidiano, non dovrebbe sorprendere allora che il
rapporto patrono-cliente che si stabilisce tra il santo e la comunità va ben oltre il semplice rapporto di scambio: è simbolo dell’immagine gerarchizzata della società aristocratica dell’ancien régime ed esprime il legame clientelare che unisce i potenti agli umili attraverso un gioco di reciprocità. Per loro niente è all’altezza del santo protettore; i doni non sono offerti in funzione di qualche ritorno materiale, ma divengono servizi che obbligano il santo e lo rendono loro debitore. Sono destinati a costringerlo a distribuire grazie e benefìci, allo stesso modo in cui ci si rivolge a un uomo influente per adularlo e dimostrargli gratitudine.
Durkheim forse direbbe che adorando il santo adoriamo il potente. Poi il santo diventa astratto, travalica il tempo e il luogo e pensiamo di tributargli un omaggio “puro” che però rimanda sempre, ad una attenta analisi, a una origine sociale. Spesso bassamente sociale. A una sentina.