È capitato praticamente a tutti. Improvvisamente l’auto non parte e diciamo: «Non vuole partire». Oppure, il computer si spegne improvvisamente e commentiamo stizziti: «Mi è morto» o «Perché mi fai questo?». Sappiamo che abbiamo di fronte delle macchine, ma non riusciamo a evitare di trattarle come se fossero esseri viventi con desideri e intenzioni. Soprattutto quando siamo in una situazione caratterizzata da alta emotività o siamo sotto pressione. Questo atteggiamento si chiama in psicologia pregiudizio di intenzionalità, un bias della mente per cui tendiamo a pensare che ciò che accade nel mondo accade perché qualcuno ha voluto farlo accadere.
Questo bias è particolarmente diffuso nei bambini. Come insegnava Piaget, i bambini tendono a pensare che il sole sorge per svegliarci, che la luna è lì per darci la luce di notte e che lo spigolo del tavolo è cattivo perché li ha colpiti intenzionalmente. I bambini scambiano abitualmente incidenti e azioni involontarie per atti deliberati.
Studi come quello della psicologa Evelyn Rosset, It’s No Accident: Our Bias for Intentional Explanations, hanno dimostrato, però, che gli adulti non superano mai del tutto il pregiudizio di intenzionalità dell’infanzia. In altre parole, gli adulti hanno la forte inclinazione a scovare intenzioni anche lì dove non ci sono. Anzi, l’abitudine di giudicare un fatto come intenzionale è per noi automatica e non richiede alcuno sforzo. Alla mente, lo sforzo è richiesto per andare oltre tale giudizio. Soprattutto, se siamo stressati o soggetti a emozioni forti. Ad esempio, se ci scontriamo in strada con un nostro simile, la tentazione di pensare che l’abbia fatto apposta è irresistibile. Se un conoscente non ricambia il nostro saluto, la prima ipotesi è quasi sempre che non abbia voluto salutarci piuttosto che non ci abbia visto, era distratto ecc. Se qualcuno fa qualcosa che ci urta, è perché, deduciamo, lo ha fatto di proposito.
Questo pregiudizio, nel caso del tifo calcistico, ha conseguenze inquietanti e drammatiche. Se un arbitro sbaglia a favore di una squadra, è perché, agli occhi dei tifosi della squadra “danneggiata”, ha “voluto” sbagliare. Ugualmente, se ammonisce un calciatore di una squadra che risulterà squalificato nella gara successiva, è perché “ha voluto” avvantaggiare un’altra squadra. Se un giocatore stringe la mano all’arbitro durante la partita è perché, sotto sotto, tra i due c’è un qualche accordo segreto e irripetibile e così via. In casi estremi, qualsiasi cosa accada su un campo di calcio può essere interpretato secondo una volontà contraria agli obiettivi della propria squadra e favorevole alla squadra avversaria, secondo una prospettiva addirittura paranoica.
Insomma, per un tifoso acceso niente è casuale. Tutto è intenzionale. Il problema più grande però è che anche se gli parlate di pregiudizio di intenzionalità non si lascerà mai convincere. Anzi, magari anche voi siete in combutta con il “Palazzo”…