Quello delle persone scomparse è un tema tanto tragico quanto affascinante da un punto di vista criminologico. Il fatto che di una persona cara non si sappia improvvisamente più nulla è sufficiente a deprimere perfino il più cinico degli esseri umani. Si tratta di un’esperienza terribile dalla quale spesso non è facile riaversi. Al tempo stesso, il fatto che, nella nostra epoca di sorveglianza capillare e totale, ci siano ancora persone che fanno perdere le proprie tracce, volontariamente o no, suscita numerosi interrogativi. Non aiuta certamente a sbrogliare la matassa una lettura superficiale dei periodici rapporti governativi in materia. Prendiamo il caso dell’ultimo rapporto del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, che copre i primi sei mesi del 2022.
Secondo questo, le denunce di persone scomparse presentate dal 1° gennaio al 30 giugno 2022, sono state in tutto 9.599, pari ad una media di 53 al giorno; in lieve diminuzione rispetto al semestre precedente (60), ma in leggero aumento rispetto al primo semestre del 2021 (45), anno che ha fatto registrare 19.269 denunce.
A queste scomparse corrispondono 5.054 ritrovamenti (pari al 52,34%) e 4.575 denunce ancora attive (pari al 47,66%), riferiti alle sole denunce di scomparsa presentate nello stesso primo semestre. Dei 5.054 ritrovamenti, 76 hanno riguardato persone decedute, pari all’1,5%.
Quasi i due terzi delle scomparse riguardano minori, prevalentemente stranieri, e persone con disturbi psichici e con deficit cognitivi, soprattutto anziani.
Limitarsi a una lettura superficiale di questi dati sarebbe ingannevole. Dai numeri sembrerebbe che centinaia e centinaia di persone varchino un invisibile cancello dal quale quasi la metà non torna, forse vittima di chissà quali nefandi delitti. Non a caso i rapporti del Commissario di Governo suscitano spesso allarme sociale da parte di chi teme che soprattutto i minori stranieri finiscano nelle grinfie di trafficanti di organi, trafficanti di esseri umani, organizzazioni di pedofili sadici, clan dediti alla prostituzione minorile e così via.
In realtà, esaminando le denunce di scomparsa distinte per motivazione, emerge come «delle 9.599 denunce complessive, ben 7.895, pari all’82,25%, riguardano casi registrati come allontanamento volontario. Seguono i casi di scomparsa non determinata, pari all’8,41%, quelli riferiti a possibili disturbi psicologici, pari a 5.06%, ad allontanamento da istituto o comunità, pari al 3,86%, a sottrazione da coniuge o altro congiunto, pari allo 0,23% e a persona scomparsa possibile vittima di reato, pari allo 0,19%».
Se, dunque, la maggior parte degli scomparsi si allontana volontariamente, le possibili vittime di reato sono solo lo 0,19% (n=18) dei 9.599 casi complessivi, di cui, comunque, 10 sono già stati ritrovati. Numeri infimi che dovrebbero far riflettere chi scrive periodicamente che, ogni anno in Italia, migliaia di persone “svaniscono nel nulla”, preda di crimini indicibili e misteriose organizzazioni.
È necessario imparare ad analizzare i dati in maniera scientifica e soprattutto non cedere alla fallacia dell’argumentum ad ignorantiam, consistente nel trarre una conclusione su un tema a partire da ciò che NON sappiamo di esso (“Non so perché il bambino è scomparso, QUINDI è vittima di un’organizzazione di pedofili, trafficanti d’organo, satanisti ecc.) o alla pressione della tentazione emotiva.
Naturalmente, è vero che, tra tutti i casi segnalati, si celano storie orrende e ineffabili. È anche vero che, considerate le nostre conoscenze, i casi di questo tipo sono relativamente pochi, sebbene i pochi che conosciamo ricevano un trattamento mediatico anomalo.
In conclusione, non confondiamo l’eccezionale con l’ordinario, il sensazionale con il normale, lo “scomparso” con la “vittima di reato”.
Non tutti gli scomparsi subiscono una sorte tragica. Non tutti quelli che subiscono una sorte tragica scompaiono.