Come tante nozioni ad elevato livello di astrazione, “libertà” ha in sé un’ambiguità interpretativa che la rende facilmente preda di populisti e demagoghi.
Da un lato, è un termine dalla connotazione immediatamente e universalmente positiva: a tutti piace essere liberi, tutti amano la libertà. È ovvio. È scontato. D’altro lato, a tale connotazione positiva sono associati significati diversissimi che, rivestendosi dell’alone positivo comunicato dalla connotazione, possono essere “manipolati” e presentati positivamente ai destinatari del messaggio politico secondo le convenienze demagogiche di turno.
Sulla polisemia del termine “libertà” ha scritto parole molto interessanti – e poco citate, mi sembra – Montesquieu ne Lo spirito delle leggi. È il caso di riportarle integralmente:
Non vi è parola che abbia ricevuto maggior numero di significati diversi, e che abbia colpito la mente in tante maniere come quella di libertà. Gli uni l’hanno intesa come la felicità di deporre colui a cui avevano conferito un potere tirannico; gli altri, come la facoltà di eleggere quelli a cui dovevano obbedire; altri ancora, come il diritto di essere armati e di poter esercitare la violenza; altri infine come il privilegio di non essere governati che da un uomo della propria nazione, o delle proprie leggi. Certo popolo ha preso per molto tempo la libertà per l’uso di portare una lunga barba. Alcuni hanno dato questo nome a una forma di governo e ne hanno escluso le altre. Coloro che avevano gradito il governo repubblicano, l’hanno messa nella repubblica; quelli che avevano goduto del governo monarchico, nella monarchia. Infine ciascuno ha chiamato libertà il governo conforme alle proprie consuetudini o alle proprie inclinazioni; e siccome in una repubblica non si hanno sempre davanti agli occhi, e in maniera tanto immediata, gli strumenti dei mali di cui ci si lamenta, e perfino le leggi sembrano parlarvi di più e gli esecutori della legge parlarvi di meno, la si pone generalmente nelle repubbliche, e la si esclude dalle monarchie. Infine, siccome nella democrazia sembra che il popolo faccia più o meno quello che vuole, la libertà è stata collocata in questo genere di governo, e si è confuso il potere del popolo con la libertà del popolo.
È vero che nelle democrazie sembra che il popolo faccia ciò che vuole; ma la libertà politica non consiste affatto nel fare ciò che si vuole. In uno Stato, vale a dire in una società dove ci sono delle leggi, la libertà può consistere soltanto nel poter fare ciò che si deve volere, e nel non essere costretti a fare ciò che non si deve volere.
Bisogna fissarsi bene nella mente che cosa è l’indipendenza, e che cosa è la libertà. La libertà è il diritto di fare tutto quello che le leggi permettono; e se un cittadino potesse fare quello che esse proibiscono, non vi sarebbe più libertà, perché tutti gli altri avrebbero del pari questo potere (Montesquieu, 1989, Lo spirito delle leggi, BUR, Milano, vol. I, pp. 307-308).
Montesquieu lo mette bene in evidenza: “libertà” può significare tutto e il suo contrario. Può significare la libertà di possedere armi come quella di vivere in un mondo privo di armi. La libertà di scegliere i propri governanti, come quella di essere governati da un despota. La libertà di vivere in una società monoculturale, come quella di vivere in una società multiculturale.
Secondo gli intenti propagandistici, può essere convocato questo o quel significato del termine ed esaltato per aizzare le folle o assoggettarle bovinamente nel nome della medesima idea. Al limite, perfino la schiavitù può essere concepita come una forma di libertà dalla “fatica” di essere autonomi, indipendenti, responsabili.
“Lasciate a noi il comando delle vostre vite. Siate liberi!”. Sembra paradossale, ma, a pensarci, non riceviamo forse quotidianamente centinaia di ingiunzioni a cedere la nostra libertà di pensiero a favore di soggetti o enti che pretendono di pensare al nostro posto? Non ci viene chiesto continuamente di essere liberi… cedendo quote della nostra libertà?
“La pace è guerra, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza”, declama George Orwell in 1984. Ma l’asservimento volontario a enti e organizzazione che dominano la nostra vita in cambio di una parvenza di libertà è forse ciò che maggiormente caratterizza l’epoca del turbocapitalismo in cui viviamo.
Orwell è già tra noi. La libertà è già schiavitù.