Trovo interessante una notazione di Alberto Vannucci contenuta nel suo Atlante della corruzione. Secondo lo studioso:
I Paesi che hanno maggiori livelli di corruzione presentano una densità anomala di avvocati. L’eccesso di regolazione e la scarsa fiducia sociale si sviluppano assieme, producendo sintomi simili. Esplode il contenzioso, dunque la domanda di servizi di intermediazione legale – quelli forniti da avvocati, commercialisti, etc. – e nel contempo si rafforza la spinta a inseguire scappatoie per vie traverse, anche pagando la mazzetta di rito (Vannucci, A., Atlante della corruzione, Edizioni Gruppo Abele, Torino, p. 238).
Questa osservazione è interessante perché, se vera (e inclino a pensare che una certa verità ci sia), non rappresenta il tentativo di criminalizzare una categoria professionale in quanto tale, ma rilevare le conseguenze non intenzionali che l’agire sociale di questa categoria ha sulle sorti della società. Gli avvocati non sono, di per sé, agenti di corruzione, ma, essendo densamente presenti (mi dicono che nella sola Campania ce ne siano più che in tutta la Francia) e portando con sé non solo un sapere, ma un modo di vedere il mondo (quello dei codici, per intenderci) tendono, nell’esercizio della loro attività professionale, ma anche ad esempio in Parlamento, dove costituiscono la maggior parte dei deputati (come fa notare Vannucci in un’altra parte del libro) a interpretare e agire la realtà secondo questo sapere e questa visione del mondo. Ciò vuol dire che gli avvocati, costitutivamente, tendono a interpretare, modellare, plasmare la realtà con le leggi. E non è un caso che nel nostro paese la produzione legislativa e normativa sia pachidermica. E non dovrebbe, dunque, sorprendere – questo il ragionamento di Vannucci – che, dinanzi a tale mole normativa, gli attori della società ricorrano alla corruzione per superare gli ostacoli che la complessità legislativa pone loro.
Mi domando a questo punto che cosa accadrebbe nel nostro paese se ci fossero meno avvocati e più sociologi, psicologi, ingegneri. Come affronterebbe i problemi del paese un parlamento di biologi? O di antropologi? Ci sarebbe minore corruzione in Italia? Naturalmente non lo sapremo mai, almeno nell’immediato, visto che i giovani continuano a scegliere di studiare giurisprudenza perché così “possono fare tutti i concorsi”. E visto che, di conseguenza, l’Italia continua a vedere il mondo dal punto di vista, conservatore e angusto, dei codici.
Considerazione esatta. Talvolta la presenza di “un medico in famiglia” acuisce, sia pure psicologicamente, i malesseri.