Più poliziotti. Lo dicono tutti: cittadini comuni, governanti, amministratori, questori, politici. Di ogni parte del mondo. Più poliziotti per spaventare i delinquenti e ridurre la criminalità. Più poliziotti per garantire sicurezza a tutti. Una ricetta semplice difesa a spada tratta anche da personalità celebri. Come William Bratton, capo del New York City Department dal 1994 al 1996, eletto super-poliziotto di tutti i tempi dalla stampa americana, il quale attribuisce la spettacolare diminuzione della criminalità avvenuta negli anni Novanta a New York, tradizionalmente una delle capitali mondiali della criminalità, proprio all’azione della polizia. O come Bill Clinton il quale, dopo essere stato eletto presidente degli Stati Uniti d’America nel 1992, fece assumere migliaia di nuovi poliziotti con il Violent Crime Control and Law Enforcement Act del 1994 nella convinzione, appunto, che più poliziotti significassero meno criminalità.
Ma è poi vero che un numero maggiore di poliziotti abbia necessariamente come conseguenza un minor numero di reati? La criminologia ci dice che le cose non stanno esattamente così. Anzi, una delle acquisizioni più stabili di esperti e scienziati sociali è che, come affermano due numi tutelari della disciplina, Michael Gottfredson e Travis Hirschi, «non vi sono prove che l’aumento delle forze dell’ordine o il miglioramento del loro equipaggiamento, che differenti strategie di pattugliamento o gradi diversi di sorveglianza influiscano sui tassi di criminalità». Lo conferma anche l’esperto americano di polizia David Bayley con parole ancora più esplicite: «La polizia non previene la criminalità. Questo è uno dei segreti meglio conservati della vita moderna. Gli esperti lo sanno, la polizia lo sa, ma il grande pubblico non lo sa. La polizia ha la presunzione di costituire la miglior difesa della società contro la criminalità e sostiene di continuo che se le fossero assegnate maggiori risorse, in particolare di persone, essa sarebbe in grado di proteggere la comunità dalla criminalità. Ma questo è un mito». Le prove? Torniamo all’esempio della città di New York. È vero che, nel periodo dal 1990 al 1996, la criminalità diminuì a New York in maniera sorprendente, ma diminuì anche in molte altre città americane, ognuna delle quali aveva un numero di poliziotti molto diverso dalle altre. A New York, ad esempio, nel periodo indicato, il numero di poliziotti impiegati era aumentato del 18%, a San Diego dell’1%, mentre a Dallas e a Seattle era addirittura diminuito. Eppure, in tutte e quattro le città i reati erano calati! Nei primi anni Settanta, una ricerca condotta a Kansas City allo scopo di valutare l’impatto della diversa presenza della polizia sul territorio sui tassi di criminalità dimostrò che la criminalità non diminuiva nell’area cittadina con maggiore presenza di poliziotti, né aumentava nelle aree meno sorvegliate. Il numero dei poliziotti non aveva alcun effetto sui tassi di criminalità! Non solo. I cittadini di Kansas City, intervistati nell’ambito della stessa ricerca, dichiararono di non essersi nemmeno accorti dell’aumento delle forze dell’ordine in un’area della loro città.
In genere, le ricerche condotte negli ultimi anni, condotte con il metodo longitudinale (cioè valutando i cambiamenti che si realizzano nel tempo), confermano che una certa presenza delle forze dell’ordine è importante e contribuisce ad avere un effetto deterrente almeno su alcuni reati, in particolare quelli predatori. Inoltre, quando i poliziotti scioperano, il numero dei reati aumenta rapidamente. Dall’altro lato, però, le stesse ricerche mostrano che l’aumento dei poliziotti non ha grandi effetti sui tassi di criminalità. Anche nelle ricerche più ottimistiche, si ammette che il maggior numero di poliziotti può avere al massimo un blando effetto dissuasivo. Mentre sembra vero il contrario e cioè che, quando aumenta la criminalità, spesso aumenta il numero di poliziotti. Poca cosa in confronto alle aspettative miracolistiche di cittadini, amministratori e politici! Nonostante ciò, il grido “Più poliziotti” si leva sempre alto ed è probabile che continuerà a levarsi alto anche nel futuro, soprattutto in momenti di crisi e di criminalità dilagante.
Bibliografia minima di riferimento
Barbagli M. (a cura di), 2000, Perché è diminuita la criminalità negli Stati Uniti?, Il Mulino, Bologna, pp. 33-34.
Bayley D.H., 1985, Social Control and Political Change, Research Monograph n. 49, School of Public and International Affairs, Princeton University, Woodrow Wilson.
Ciappi S., Coluccia A., 1997, Giustizia criminale, Franco Angeli Editore, Milano.
Gottfredson M.R., Hirschi T., 1990, A General Theory of Crime, Stanford University Press, California.
Lin M-J., 2009, “More Police, Less Crime: Evidence from US State Data”, International Review of Law and Economics, vol. 29, pp. 73-80
Marvell T.B., Moody, C.E., 1996, “Specification Problems, Police Levels, and Crime Rates”, Criminology, vol. 34, 4, pp. 609-646.
Sherman L.W., Eck J.E., 2002, “Policing for Prevention”, in Sherman L.W., Farrington D., Welsh B., (a cura di), Evidence Based Crime Prevention, Routledge, New York.
Vollaard B., Koning P., 2009, “The Effect of Police on Crime, Disorder and Victim Precaution. Evidence form a Dutch victimisation survey”, International Review of Law and Economics, vol. 29, pp. 336-348.