Ancora a proposito di apofenia, è curioso notare come, sebbene il termine sia relativamente recente (metà anni Cinquanta), la tentazione di trovare connessioni immotivate tra cose o fenomeni è antica come l’uomo.
Ho trovato un esempio interessante di apofenia numerica in uno scritto di Plutarco intitolato Dialoghi delfici. Si tratta di una riflessione sulla presenza ubiquitaria del numero 5 nelle vicende del mondo. Ecco il brano:
Gli altri numeri […], moltiplicati per qualsivoglia numero, danno come prodotto un numero diverso da loro; il cinque, invece, moltiplicato per un numero pari dà come prodotto la decina, che è numero perfetto; moltiplicato per un numero dispari, produce di nuovo se stesso. E poi tralascio il fatto che il cinque è il primo numero formato dai due primi quadrati, ossia dall’uno e dal quattro; e che è il primo il cui quadrato risulta uguale alla somma di quelli dei due numeri che lo precedono, formando così il triangolo rettangolo più bello; e infine che il cinque è il primo a produrre la proporzione di uno e mezzo a uno. Ma forse queste cose non hanno relazione con il nostro argomento: più pertinente invece è osservare come tale numero rappresenti un principio di divisione, e come la natura operi la maggior parte delle sue ripartizioni proprio basandosi sul cinque. A noi uomini, ad esempio, ha dato cinque sensi e cinque parti dell’anima: vegetativa, sensibile, concupiscibile, irascibile e razionale. Abbiamo cinque dita per ogni mano; e anche il seme più fecondo può ripartire la sua forza al massimo per cinque: infatti non è attestato che una donna abbia mai dato alla luce in un solo parto più di cinque figli. Secondo il mito degli Egiziani, Rea partorì cinque dei, simbolo dell’origine comune dei cinque mondi da una sola materia. Nell’universo, poi, cinque sono le zone della superficie terrestre, cinque i circoli in cui è diviso il cielo: due artici, due tropici e in mezzo l’equatore; e cinque le orbite dei pianeti, dato che il Sole, Venere e Mercurio hanno un percorso comune. Anche la struttura del mondo, dunque, segue le leggi dell’armonia, proprio allo stesso modo in cui sono disposti gli accordi nelle cinque posizioni del nostro tetracordo: bassi, medi, congiunti, disgiunti e supremi. Cinque anche gli intervalli musicali: diesis, semitono, tono, terza minore, doppio tono. La natura, insomma, nella sua creazione sembra preferire come modello il numero cinque, piuttosto che la sfera di Aristotele.
In questo, come negli altri casi di apofenia, l’effetto ubiquitario, che induce una sensazione inquietante, e sembra autorizzare interpretazioni sovrannaturali del numero 5, è conseguito assemblando le caratteristiche peculiari del numero in questione, accumulando esempi su esempi, anche se questi provengono da campi disparatissimi del sapere umano come l’astronomia, la musica, la mitologia, la fisiologia, la matematica ecc. È una ricetta facile che può trasformare qualsiasi oggetto culturale in un oggetto misterioso o portentoso. Provate a fare la stessa operazione con altri numeri, date di nascita, date storiche ecc. L’effetto è impressionante. Anche perché, come sappiamo dallo studio dell’apofenia, va incontro a una precisa tendenza della nostra mente: quella, cioè, di rilevare connessioni significative tra eventi indipendenti. Così, elencando semplicemente una lista di caratteristiche peculiari, un oggetto qualsiasi diventa apofenicamente interessante. Provare per credere! Notate, infine, come alcune connessioni siano semplicemente false o datate (quella sulle cinque parti dell’anima o sulle cinque orbite dei pianeti). Per ottenere effetti apofenici, però, non occorre essere veritieri (anche se, ovviamente, quelli che chiamiamo errori erano verità all’epoca di Plutarco). Basta un po’ di immaginazione e qualche conoscenza esoterica.
Buona apofenia!