Secondo il celebre antropologo di origine polacca Bronislaw Malinowski, che esaminò le pratiche degli abitanti dell’arcipelago delle Trobriand nel libro Magic, Science and Religion (1948), «troviamo la magia dovunque gli elementi del caso e dell’imprevisto e il gioco emotivo tra speranza e timore dominano in lungo e in largo. Non troviamo la magia dove l’obiettivo è certo, sicuro e governato da metodi razionali e processi tecnologici. Inoltre, troviamo la magia dove l’elemento del pericolo è ben presente. Non la troviamo dove la sicurezza assoluta elimina ogni elemento di presagio». Malinowski cita l’esempio della pesca nelle Trobriand. Gli abitanti dei villaggi presso la laguna interna, dove la pesca è abbondante e non presenta pericoli, non ricorrono a procedure magiche per favorire questa attività; al contrario nei villaggi sul mare aperto, dove la pesca è più rischiosa e incerta, il ricorso al rituale magico è comune. Lo stesso avviene in guerra. I trobriandesi usano forza, coraggio e agilità per avere la meglio sui nemici, ma quando la fortuna e il caso sono decisivi, la magia diventa un grosso aiuto.
La tesi di Malinowski, semplice ed elegante, presta il fianco a numerose critiche. Sappiamo, ad esempio, che lo studente ricorre al rituale superstizioso quando deve sostenere un esame, anche se l’esito della prova dovrebbe dipendere interamente dalle conoscenze acquisite nel corso del suo apprendimento. Ugualmente, persone istruite o, comunque, in possesso di conoscenze specifiche possono aderire a rituali superstiziosi quando utilizzano quelle conoscenze per raggiungere uno scopo. Non è, dunque, del tutto vero che gli individui credono nelle superstizioni perché hanno scarsa istruzione e conoscenza e che, se sapessero davvero come funzionano le cose, non sarebbero superstiziosi. Ugualmente, non è del tutto vero che, se le persone non avessero paura dell’ignoto, non compirebbero determinate azioni. In realtà, questa concezione fa a pugni con un dato più volte confermato: chi crede nelle superstizioni può appartenere a qualsiasi strato sociale e avere qualsiasi livello di istruzione. Lo testimonia anche il detto “Non è vero, ma ci credo”, che significa che si è consapevoli della falsità della credenza superstiziosa, ma la si mette in pratica comunque.
Tuttavia, la teoria di Malinowski si applica splendidamente a un episodio diventato leggendario.
Il 12 aprile 1961, durante il tragitto verso la rampa di lancio, Jurij Gagarin, il primo essere umano a volare intorno alla Terra, chiese all’autista dell’autobus che lo trasportava di fermarsi. Sceso dal veicolo, urinò sulla ruota posteriore dello stesso. Salì poi di nuovo a bordo e proseguì verso la sua missione che, come è noto, ebbe uno straordinario successo.
La coincidenza tra il banale gesto fisiologico e il successo della missione ha fatto sì che, ancora oggi, gli astronauti dell’ex Unione Sovietica compiano lo stesso rito propiziatorio (anche le donne!): un comportamento indubbiamente superstizioso che si spiega con l’alto tasso di incertezza che circonda ancora oggi i viaggi nello spazio. Sembra, peraltro, che questo non sia l’unico gesto superstizioso “iniziato” da Gagarin. Altre condotte sono: tagliarsi i capelli due giorni prima del lancio, non assistere al trasporto e al posizionamento dei razzi e della navicella, bere un bicchiere di champagne la mattina della partenza e firmare la porta della camera dell’hotel prima di uscire per raggiungere la rampa.
La superstizione, dunque, “funziona” perché fornisce una sensazione di prevedibilità e controllo, riducendo l’ansia; e poiché una forte ansia tende a inibire un’azione efficace in situazioni di rischio, la superstizione può avere in certe circostanze un valore positivo in termini di sopravvivenza. In questo senso, anche le persone più razionali possono soccombere al “fascino” della superstizione.
Come è evidente, non c’è poi tanta distanza tra uomini “primitivi” e uomini “civilizzati”. Entrambi possono ricorrere al pensiero magico e superstizioso quando ne hanno cognitivamente bisogno, anche se, in altre dimensioni della vita, riescono a essere del tutto razionali
Sono le circostanze a indurci a questo o quel comportamento: se abbiamo conoscenza e controllo viriamo verso il pensiero scientifico, se viviamo situazioni dominate dall’imprevedibilità, optiamo, spesso irresistibilmente, verso il pensiero magico.
Possiamo dire che siamo esseri superstiziosi perché siamo creature ansiose. La superstizione è un potente ansiolitico e, in quanto tale, è probabile che non morirà mai.
Per una trattazione dettagliata della propensione alla superstizione degli esseri umani, rimando al mio Aloni, stregoni e superstizioni, di cui nell’immagine vedete la copertina.