Secondo la celebre affermazione di Carl Schmitt, enunciata ne Le categorie del ‘politico’, «La specifica distinzione politica alla quale è possibile ricondurre le azioni e i motivi politici, è la distinzione di amico (Freund) e nemico (Feind)». In particolare:
Il significato della distinzione di amico e nemico è di indicare l’estremo grado di intensità di un’unione o di una separazione, di un’associazione o di una dissociazione; essa può sussistere teoricamente e praticamente senza che, nello stesso tempo, debbano venir impiegate tutte le altre distinzioni morali, estetiche, economiche o di altro tipo. Non v’è bisogno che il nemico politico sia moralmente cattivo o esteticamente brutto; egli non deve necessariamente presentarsi come concorrente economico e forse può anche apparire vantaggioso concludere affari con lui. Egli è semplicemente l’altro, lo straniero (der Fremde) e basta alla sua essenza che egli sia esistenzialmente in un particolarmente intensivo, qualcosa d’altro e di straniero, per modo che, nel caso estremo, siano possibili con lui conflitti che non possono venir decisi né attraverso un sistema di norme prestabilite né mediante l’intervento di un terzo “disimpegnato” e perciò “imparziale”.
Lo stesso, secondo me, può dirsi del calcio. Per i tifosi, ogni confronto calcistico si basa su una opposizione tra “amici” (quelli che tifano per la propria squadra) e “nemici” (quelli che tifano per l’altra squadra) e, affinché il nemico calcistico esista, non vi è bisogno che esso sia “moralmente cattivo o esteticamente brutto; egli non deve necessariamente presentarsi come concorrente economico e forse può anche apparire vantaggioso concludere affari con lui. Egli è semplicemente” il tifoso dell’altra squadra e ogni conflitto con lui non può essere deciso “né attraverso un sistema di norme prestabilite” – le regole del calcio – “né mediante l’intervento di un terzo “disimpegnato” e perciò “imparziale” – l’arbitro. Di qui la difficoltà ad accettare le norme che disciplinano il gioco, che per il tifoso possono sempre essere piegate a vantaggio del nemico, e le decisioni dell’arbitro che sono sempre in odore di zolfo luciferino e sempre inclini a favorire l’hostis. Di qui anche, come intuì qualche decennio fa Alessandro Dal Lago in Descrizione di una battaglia, la propensione dei tifosi ad adoperare qualsiasi mezzo retorico e verbale per colpire il nemico: le espressioni razziste, ad esempio, che non sono riconducibili a mero razzismo, ma che trovano la loro ragion d’essere nella volontà spasmodica di ferire l’altro. È così che si spiega l’atteggiamento apparentemente schizofrenico del tifoso che subissa di grida il calciatore “negro” della squadra avversaria, ma adora come un dio il “nero” della propria squadra.
“Amico” e “nemico” sono i cardini su cui si regge, da sempre, la logica del calcio. Continuare a pensare che il calcio sia un luogo edenico privo di conflitti, un gioco e nulla più, significa ingannarsi in mala fede. E condannarsi a non capire perché la domenica succedono delle cose che “con il calcio non dovrebbero avere nulla a che fare”, come recita uno dei luoghi comuni più corrivi di sempre.
egr Dr Romolo Capuano
insieme ad altri due autori abbiamo scritto un libro sull’ apofenia nel mondo del lavoro sarà pubblicato a settembre edito da F. Angeli. Siamo a chiedere al riguardo, vista la sua esperienza in materia, se interessato a partecipare con un articolo di 5/10 pagine alla stesura del testo.
se mi permette la contatterei volentieri anche al telefono per illustrale il progetto editoriale oramai in fase conclusiva e dei professionisti che hanno aderito all’iniziativa
grazie
saluti
massimo bornengo
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