Pressappoco in quel periodo, futili incidenti diedero origine a violenti scontri, con morti, tra gli abitanti di Nocera e quelli di Pompei, durante uno spettacolo di gladiatori, organizzato da Livineio Regolo, espulso, come già riferito, dal senato. Cominciarono, con l’intemperanza tipica delle cittadine di provincia, a scambiarsi insulti, poi sassi, per finire col mettere mano alla spada; ebbero la meglio quelli di Pompei, presso i quali si dava lo spettacolo. Molti di Nocera furono riportati nella loro città col corpo mutilato o segnato da ferite, e parecchi piangevano la morte di figli o genitori. Il principe affidò l’inchiesta sugli incidenti al senato e il senato ai consoli. Poi, quando la faccenda ritornò al senato, ai Pompeiani furono vietate per dieci anni simili riunioni e vennero sciolte le associazioni costituitesi in modo illegale. A Livineio e a quanti avevano provocato i disordini fu comminato l’esilio (Tacito, Annali XIV, 17).
Lo citazione di Tacito in esergo è relativa a un episodio di rivalità tra “tifosi” capitato a Pompei nel 59 d. C. in occasione di uno spettacolo gladiatorio, l’equivalente, per popolarità, di un incontro odierno di calcio. Tra pompeiani e nocerini, praticamente vicini di casa, non correva buon sangue. I primi si identificavano con gli eredi dei nobili sannitici ed erano risentiti con i secondi perché privati di alcuni terreni agricoli concessi ai rivali dopo la trasformazione in colonia di Nuceria Alfaterna, uno status molto ambito all’epoca. I nocerini, dal loro canto, non sopportavano i pompeiani, percepiti come benestanti e altezzosi e invidiavano il loro nuovo e grande stadio, una vera raffinatezza del tempo. Così, quando Livineio Regolo, un individuo di dubbia fama già espulso dal Senato di Roma, organizzò una esibizione di gladiatori a Pompei, le due tifoserie vennero a contatto e cominciarono a darsele di santa ragione. Ebbero la meglio i padroni di casa, più numerosi, ma molti furono i morti e i mutilati tanto che il Senato di Roma intervenne severamente proibendo ai pompeiani, come ricorda Tacito, l’organizzazione di nuovi giochi per dieci anni, ridotti poi a due da Nerone.
Perché cito Tacito? In occasione della morte di Daniele Belardinelli, avvenuta nel corso della recente aggressione di un gruppo di tifosi interisti ad alcuni tifosi napoletani mercoledì 26 dicembre, pochi minuti prima di Inter-Napoli, partita di campionato italiano di Serie A, giornalisti e opinionisti hanno rispolverato vecchi luoghi comuni sul calcio, attivati, di solito, proprio quando si verificano episodi di violenza legati allo sport. Tra le frasi più trite una di quelle che ricorre più ossessivamente è “Torniamo al calcio di un tempo”. Questa locuzione sottintende che lo sport di un tempo fosse più sano e meno violento. Una convinzione condivisa da molti, ma totalmente priva di fondamento.
Su questo e altri miti del calcio sto scrivendo un libro che spero interessi molti. Nel frattempo, a dimostrazione del fatto che nel passato lo sport suscitava spesso scontri e disordini, godetevi Tacito. Seguiranno tante altre citazioni.
Buon 2019 a tutti!