“Di questo passo chissà dove andremo a finire!”

“Se continua così, dovrò chiedere l’elemosina in strada”, si lamenta la non più giovane signora al supermercato, commentando il recente aumento dei prezzi.

“Se non ci diamo una regolata, tra 25 anni la Terra diventerà un pianeta inabitabile” osserva sconsolato il giovane ecologista, sconvolto dal caldo eccessivo delle giornate agostane.

“Se i governanti continuano su questa china, non riuscirò mai ad andare in pensione” commenta avvilito il dipendente pubblico di fronte all’ennesima riforma del sistema previdenziale.

“Di questo passo chissà dove andremo a finire” – con le sue innumerevoli varianti – è indubbiamente uno dei luoghi comuni più pervasivi del discorso pubblico.  Se i tempi in cui viviamo sono “i peggiori di sempre”, tanto da suscitare infinite nostalgie per il “paradiso” nella nostra infanzia (“Oh, i bei tempi andati!”), la nostra epoca è anche quella in cui le decisioni prese, in ogni settore, conducono rapidamente a esiti calamitosi. Così, per ogni proposta concepita ci sarà sempre un bastian contrario che enumererà le conseguenze finali nefaste derivanti dall’adozione della proposta.

«Se riconosciamo i diritti degli omosessuali, ci ritroveremo ad abolire per legge l’eterosessualità e l’omosessualità diventerà la nuova normalità», sbraita l’omofobo che proprio non vuole sentire parlare di LBGTQ++. «Se concederemo lo ius scholae (la nazionalità italiana a chi è nato in Italia e ha frequentato almeno cinque anni di scuola), concederemo anche lo ius soli (la cittadinanza italiana a chi è nato in Italia) e da qui all’invasione inarrestabile degli immigrati il passo sarà breve», obietta chi vede nello straniero un nemico da cui guardarsi sempre con sospetto. «Se legalizziamo la marijuana, la gente comincerà a prendere crack ed eroina e dovremo legalizzare anche questi. In poco tempo ci ritroveremo in una nazione di drogati», sentenzia il proibizionista contrario alla legalizzazione.

Tutte queste argomentazioni condividono il medesimo errore che la logica conosce da tempo e che è stato battezzato con molteplici nomi a indicazione, forse, della sua onnipresenza nelle conversazioni e considerazioni quotidiane.

In inglese viene definito slippery slope. In italiano: fallacia del pendio sdrucciolevole, della brutta china, del dito nell’ingranaggio o dell’argine che si rompe. Oppure: appello alle conseguenze negative. La fallacia dello slippery slope consiste, appunto, nell’affermare che, se un evento accadrà, accadranno altri eventi dannosi a catena, sempre più disastrosi, fino al rovinoso baratro conclusivo.  In altri termini, accettare una tesi A porterà ad accettare una tesi B pericolosa, ma accettare una tesi B porterà ad accettare una tesi C ancora più pericolosa, fino ad arrivare a una tesi Z, ritenuta universalmente inaccettabile. L’argomento si basa sul presupposto non dichiarato secondo cui solo uno fra tutti i possibili esiti di un evento accadrà con certezza e inevitabilità e questo è il più negativo possibile. Così, anche se non vi sono prove che un evento provocherà necessariamente altri eventi dannosi a catena, la convinzione è che, se si imbocca una certa strada, ci ritroveremo immediatamente a scivolare pericolosamente verso la peggiore china possibile.

In letteratura, è possibile trovare numerosi esempi di questo tipo di fallacia. Il seguente è tratto da un libro dedicato alle fallacie logiche:

Mi oppongo ad abbassare il limite di età per bere alcolici da ventuno a diciotto anni. Questo potrà solo condurre a ulteriori richieste di scendere a sedici, poi a quattordici, e prima che ce ne rendiamo conto i nostri neonati avranno cominciato a poppare vino piuttosto che il latte materno (Pirie, 2011, p. 202).

Un altro esempio riguarda l’aborto:

Se si è legalizzato l’aborto entro i primi tre mesi di gravidanza, allora occorre legalizzare anche l’aborto oltre i primi tre mesi di gravidanza. Ma se occorre legalizzare l’aborto oltre i primi tre mesi di gravidanza, allora occorre legalizzare anche l’infanticidio. E se occorre legalizzare l’infanticidio, allora occorre legalizzare anche l’omicidio. Ma la legalizzazione dell’omicidio è inaccettabile, dunque è inaccettabile la legalizzazione dell’aborto entro i primi tre mesi di gravidanza (Calemi, Paolini Paoletti, 2014, p. 36).

L’ecologia non sfugge alla tentazione dello slippery slope:

Le case dovrebbero essere riscaldate soltanto per il tempo strettamente necessario. In caso contrario, si avrà un aumento della temperatura della Terra, al quale seguirà una maggiore concentrazione di anidride carbonica nell’aria. Questo favorirebbe l’effetto serra, quindi un ulteriore aumento della temperatura, con il conseguente scioglimento delle calotte polari e l’innalzamento del livello dei mari. Gli effetti sarebbero disastrosi per tutto il genere umano (Boniolo, Vidali, 2002, pp. 110-111).

Sebbene l’ultimo enunciato non consegua logicamente dal primo, questo tipo di monito è oggi ampiamente diffuso anche grazie alla popolarità delle tesi ecologiste.

Oriana Fallaci usa l’appello alle conseguenze negative nel suo pamphlet bestseller La rabbia e l’orgoglio. Qui, si dichiara contraria a ogni apertura nei confronti dell’Islam perché, altrimenti, «al posto delle campane ci ritroviamo i muezzin, al posto delle minigonne ci ritroviamo il chador, al posto del cognacchino il latte di cammella» (cit. in Cantù, 2011, p. 11).

Talvolta, la fallacia del pendio sdrucciolevole assume una forma che i logici definiscono del “treno in corsa”, un argomento fallace che porta un esempio ragionevole alle estreme conseguenze, senza fermarsi, fino a farlo diventare irragionevole. Un esempio tipico di treno in corsa è il seguente:

Per la nostra sicurezza, dovremmo abbassare il limite di velocità in città a 30 km».

«E perché non a 20 o 10?».

Estendere un buon argomento oltre un certo limite può condurre a conseguenze paradossali, come nell’esempio proposto in cui l’immobilità dei veicoli diviene il comportamento da tenere per avere più sicurezza.

Una variante estrema della “brutta china”, per Adelino Cattani, è la “tesi della perversità”, la quale afferma che, in ultima analisi, gli effetti conseguiti da un corso di azione non saranno solo indesiderati, ma opposti a quelli attesi (Cattani, 2011, p. 131).

Tornando allo slippery slope classico, la sua variante più nota e diffusa è probabilmente quella riassumibile nell’ammonimento morale: “Si inizia con lo spinello e si finisce con l’eroina”. Nella letteratura scientifica, tale ammonimento prende il nome di gateway theory o “teoria del passaggio”. Si tratta dell’assunto secondo cui l’uso di droghe “leggere” come la marijuana conduce inevitabilmente all’uso di droghe più “pesanti” come eroina o cocaina. Questa tesi è sostenuta non solo da cittadini comuni, ma anche da moralisti, politici e amministratori. In Italia, personalità come Gianfranco Fini, Umberto Bossi e Carlo Giovanardi, Bettino Craxi, Ignazio La Russa, Girolamo Sirchia, Antonio Tajani, Pier Ferdinando Casini hanno fatto della “teoria del passaggio” uno dei loro cavalli di battaglia politici preferiti.

Ma quanta verità c’è nella gateway theory? In realtà, pochissima. Essa, infatti, si basa su un grave errore logico. Una delle regole principali di chi si occupa di statistica è che una correlazione non è una relazione causa-effetto. In altre parole, se due fenomeni coesistono non significa che uno di essi sia causa dell’altro. Dire che lo spinello porta al consumo di droghe pesanti è come dire che chi gioca a tombola diventerà un giocatore d’azzardo. Se è vero che chi usa droghe pesanti ha iniziato con droghe leggere non è necessariamente vero che usare droghe leggere porterà automaticamente al consumo di droghe pesanti. Così come sarebbe falso dire che il consumo di nicotina provoca la dipendenza da eroina solo perché molti eroinomani fumano o hanno fumato sigarette. Del resto, a nessuno verrebbe in mente di criminalizzare il consumo sporadico di vino o birra per il fatto che gli alcolizzati hanno iniziato bevendo un bicchiere di vino o birra. Ugualmente, se si gioca una volta al casinò non necessariamente si svilupperà una dipendenza da gioco. Però è probabile che un giocatore d’azzardo compulsivo avrà iniziato giocando una o due partite (Kramer, Trenkler, 1999, pp. 131-132).

La fallacia dell’argomentazione secondo cui “Si inizia con lo spinello e si finisce con l’eroina” appare evidente, se solo riflettiamo su alcuni casi storici significativi come ciò che accadde negli Stati Uniti al tempo del cosiddetto “proibizionismo”, il periodo fra il 1920 e il 1933 in cui era proibito produrre, vendere, importare e consumare alcool. In quel decennio, politici e cittadini comuni minacciavano che se la produzione e il consumo di alcol fossero stati legalizzati, l’America sarebbe diventata una nazione di etilisti e le strade sarebbero traboccate di alcolizzati a ogni angolo. Cosa che, come sappiamo, non è mai accaduta. Tuttavia, nonostante le smentite della storia, la credenza nella gateway theory rimane salda e difficile da scalzare e appare profondamente radicata nel senso comune.

Incidentalmente, la relazione tra spinello e droghe pesanti potrebbe avere un diverso fondamento. Chi consuma hashish potrebbe frequentare gli stessi ambienti che frequenta chi consuma droghe pesanti o condividere la stessa condizione di marginalità ed essere, quindi, più esposto a certe “tentazioni”. Ma, anche quest’argomentazione, a ben vedere, è discutibile. Non necessariamente coloro che condividono un certo ambiente condividono gli stessi gusti e gli stessi stili di vita, anche se la probabilità che ciò avvenga è ovviamente maggiore.

La fallacia dell’appello alle conseguenze negative è particolarmente sfruttata in argomentazioni morali e politiche sotto la forma: «Se lasciamo accadere questo, seguirà un male peggiore». Come strategia argomentativa è utilizzata quando si vuole opporsi all’adozione di un provvedimento politico o amministrativo e, più in generale, quando ci si vuole opporre al cambiamento perché, in fondo, non c’è nessuna proposta per la quale non possa essere concepito un esito finale catastrofico. Per la sua natura, è particolarmente adoperato dagli schieramenti conservatori per difendere lo statu quo e ottenere consenso intorno a temi sensibili su cui alcune parti sociali esprimono una volontà di cambiamento.

Forse è proprio per questo motivo che, nonostante la sua illogicità, lo slippery slope continua ad avere successo: in fondo gli esseri umani temono le novità e, pur di non cambiare, sono disposti a condannare ogni mutamento dal quale – essi argomenteranno – non possono che derivare conseguenze negative. Chi lascia la via vecchia per la nuova…

Riferimenti

Arnao G., 1991, Proibizionismo antiproibizionismo e droghe, Stampa Alternativa, Roma.

Boniolo, G., Vidali, P. 2002, Strumenti per ragionare, Bruno Mondadori, Milano.

Calemi, F. F., Paolini Paoletti, M., 2014, Cattive argomentazioni: come riconoscerle, Carocci, Roma.

Cantù, P., 2011, E qui casca l’asino. Errori di ragionamento nel dibattito pubblico, Bollati Boringhieri, Torino.

Cattani, A., 2011, 50 discorsi ingannevoli. Argomenti per difendersi, attaccare, divertirsi, Edizioni GB, Padova.

Kramer W., Trenkler G., 1999, Dizionario dei luoghi comuni e delle credenze popolari, Sperling & Kupfer, Milano.

Pirie, M., 2011, Come avere sempre ragione. Usare la logica, abusarne e difendersi, Ponte alle Grazie, Milano.

Questa voce è stata pubblicata in Luoghi comuni e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.