Dopo lo scontro tra i sipontini e i beneventani alleati con i napoletani, vinto dai primi grazie all’intervento dell’arcangelo Michele, «i vincitori, tornati a casa, offrivano preghiere e doni di ringraziamento a Dio onnipotente nel tempio dell’Arcangelo; e al mattino scorgono presso la porta situata a nord […] vicino alla piccola entrata, un’impronta come di un piede umano impressa nel marmo: capirono così che l’Arcangelo e capo delle schiere angeliche Michele volle mostrare questo segno della sua venuta» (Aulisa, I., 2021, Apparizioni di San Michele. Monte Gargano, Mont-Saint-Michel, Sacra in Val di Susa, Andrea Pacilli Editore, Manfredonia (FG), p. 119).
Il precedente è un brano tratto dall’Apparizione e miracolo del capo delle schiere angeliche Michele sul monte denominato Gargano, uno dei testi di fondazione della leggenda delle apparizioni dell’arcangelo Michele sul monte Gargano, dove ancora oggi ha sede l’omonima basilica santuario, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO dal giugno 2011 e meta prediletta di migliaia di pellegrini.
Secondo la leggenda, san Michele apparve per ben tre volte a un vescovo locale nel giro di pochi anni per poi apparire una quarta volta, a distanza di molti secoli. È interessante notare che, in base a una prima fonte latina, la Apparitio Sancti Michaelis in monte Gargano, Michele “appare in visione al vescovo”, lasciando intendere che il prelato se lo sia trovato davanti in stato di veglia. In base alla seconda (greca), già citata, invece, “l’Arcangelo del Signore appare in sogno al santissimo vescovo”, il che fa pensare a una apparizione durante il sonno. Due eventi completamente diversi, in quanto il primo rimanda a un evento soprannaturale e inspiegabile; il secondo a un banale e umanissimo sogno.
Altra incongruenza tra le due fonti è che, sebbene entrambe citino una battaglia con protagonisti sipontini, beneventani e napoletani, nella prima sipontini e beneventani sono alleati contro i beneventani, nella seconda i sipontini combattono contro beneventani e napoletani.
Al di là di queste e di tante altre incongruenze, abbastanza frequenti, quando si consultano fonti letterarie leggendarie, la circostanza più interessante, narrata solo nella fonte greca, è che san Michele avrebbe lasciato un’impronta del proprio piede sulla pietra del monte Gargano, impronta ancora oggi oggetto di speculazioni e ipotesi.
L’impronta dovrebbe essere visibile al visitatore, accedendo alla prima cripta. In realtà, quello che si vede è molto deludente e, al più, è passibile di interpretazioni diverse. Sono visibili, invece, altre impronte e scritte lasciate dai vari pellegrini nel corso del tempo.
Allora, perché l’Apparizione e miracolo parla di “un’impronta come di un piede umano”? Una possibile spiegazione è in chiave pareidolica. I protagonisti del testo, sedotti dalla credenza nella presenza miracolosa dell’arcangelo, potrebbero aver “visto” in qualche incisione nella roccia la forma di un piede, attribuendola a san Michele. Questa “visione” avrebbe poi ulteriormente avallato la soprannaturalità del luogo, contribuendo alla sua reputazione sacra. L’ipotesi trae conferma dal fatto che nel testo non si parla dell’impronta di un piede, ma dell’impronta “come” di un piede.
In questo caso, come accade in tanti altri esempi di pareidolia religiosa, la similitudine viene cancellata nell’immaginario collettivo tramutandosi in identità. “È simile” diviene “è” attraverso un gioco retorico tipico del sacro miracoloso.
Si tratta naturalmente solo di un’ipotesi, ma è probabile che siano state credenze e convinzioni religiose a conferire una forma podalica a una figura vaga incisa nel marmo.