Secondo il grande sociologo francese Raymond Boudon, una importante legge della teoria delle comunicazioni è che «meno probabilità ha una teoria di essere vera, più ha probabilità di far parlare di sé» (Il vero e il giusto, Il Mulino, Bologna, 1995, p. 314).
Uomini e donne comuni non ricevono le loro informazioni su ciò che accade nel mondo, facendone esperienza in prima persona, ma attraverso l’intermediazione dei media. In alcuni casi questo processo di mediazione produce notevoli distorsioni. I media, infatti, sono interessati più ad attirare pubblico che a informare correttamente; più a produrre spettacolo che fatti.
[…] uno degli obblighi connessi al “ruolo” di giornalista consiste nell’informare il lettore delle ipotesi più incredibili, anche se queste hanno solo una debole probabilità di essere vere. Così facendo, lo stesso giornalista incita i ricercatori di base a proporre ipotesi azzardate. Queste hanno maggiori probabilità di cadere rapidamente nell’oblio, ma avranno nel frattempo garantito al lettore un brivido gradevole e un supplemento di notorietà all’operaio della scienza. Proprio per questa loro banalità, i suddetti meccanismi permettono di comprendere la generalità della legge dell’inversione mediatica dei valori […] (p. 315).
Questa “legge” contribuisce a spiegare il fatto che, nel mondo coacervico delle informazioni, sono spesso proprio quelle più incredibili e strampalate che finiscono per costituire il sapere comune sull’uomo e la società.
È così che teorie bizzarre e insensate ricevono accoglienza dai media, attirano un’attenzione spropositata rispetto al loro valore di verità e si diffondono, venendo discusse, come se fossero vere o, almeno, altrettanto valide di quelle accettate dalle comunità scientifiche, finendo con l’essere percepite, in taluni casi, come degne di rispetto e considerazione.
La legge dell’inversione mediatica è particolarmente attiva in questo periodo pandemico e bellico in cui un numero inquietante di individui abbraccia tesi cospiratorie sul virus e la guerra, che forse non circolerebbero con uguale virulenza se non ricevessero l’endorsement quotidiano dei media.
Diceva Tocqueville che noi possiamo sperimentare da soli solo una minima parte delle questioni sulle quali la vita sociale ci impone di avere un’opinione: «Non c’è grande filosofo al mondo che non creda a un milione di cose sulla parola altrui». Non possiamo non dare fiducia agli esperti. Ma facciamo attenzione che gli esperti siano davvero tali.