In quest’epoca di forte antropomorfizzazione quotidiana degli animali, non è difficile udire commenti secondo cui essi “si vergognano”, “fanno dispetti”, “tengono il broncio”, “sono gelosi o invidiosi”, “si sentono colpevoli”, “mostrano empatia”, sono in grado di “capire le parole” e di interagire quasi fossero umani al punto che, si sente spesso dire, “manca loro solo la parola”.
Non sono in grado di dire se questo processo di antropomorfizzazione sia oggi più accentuato rispetto al passato. Sembrerebbe di sì a giudicare dal fatto che viviamo nell’epoca dell’animalismo e dell’antispecismo, un’epoca che ha riconosciuto agli animali diritti prima nemmeno concepibili e riconosce loro uno status non dissimile da quello degli umani. Anzi, talvolta superiore agli umani.
Lo dimostrano alcuni racconti che hanno come protagonisti cani e gatti e che tendono ad attribuire ai pets preferiti dagli umani capacità paranormali, spesso spiegate in riferimento a “sensi speciali” che gli animali possiederebbero naturalmente.
Ad esempio, nel 2007, grande scalpore suscitò un articolo pubblicato dal New England Journal of Medicine, secondo cui un gatto di nome Oscar era in grado di prevedere la morte imminente degli ospiti della Steere House Nursing and Rehabilitation Center di Providence, una casa di riposo del Rhode Island. Tali previsioni si manifestavano concretamente nel fatto che il gatto “faceva visita” ai malcapitati pazienti, raggomitolandosi nei loro pressi fino alla morte. La storia divenne così popolare che l’autore dell’articolo, David Dosa, pubblicò un libro che ottenne un discrete successo, Making Rounds with Oscar: The Extraordinary Gift of an Ordinary Cat.
Oscar possedeva davvero doti paranormali? Sembra di no a giudicare dal fatto che il “famoso” articolo del New England Journal of Medicine non era un vero e proprio testo scientifico, ma una sorta di aneddoto divertente inserito nella sezione di apertura della rivista. Né lo stesso Dosa affermò mai che le sue conclusioni erano basate su uno studio scientifico del comportamento del felino.
Dosa, infatti, non raccolse mai dati precisi sulla condotta di Oscar. Ad esempio, non rilevò mai il numero di “visite” che Oscar faceva agli ospiti della casa di riposo, la durata di tali visite, l’intervallo di tempo intercorrente tra le visite e i decessi, le caratteristiche delle “visite predittive” rispetto a quelle non predittive ecc. Dosa si limitò a dire che circa una cinquantina di decessi erano stati preceduti dall’intervento di Oscar, un dato davvero poco scientifico, soprattutto se si considera che, in una casa di riposo popolata da pazienti terminali o molto anziani, non è insolito che un comportamento, felino o di altro tipo, possa correlarsi con un decesso. Lo stesso Dosa, fra l’altro, ammette di essersi concesso delle licenze narrative nell’esporre i fatti della storia di Oscar.
È molto probabile che, nella vicenda, un ruolo di primo piano sia stato assunto dal cosiddetto bias di conferma, dalla tendenza, cioè, degli operatori della casa di riposo a rilevare i casi in cui le “visite” di Oscar coincidevano con la morte degli ospiti della struttura e a trascurare le volte in cui ciò non accadeva. Probabilmente, si sarebbe potuto ottenere risultati simili ponendo in relazione i decessi dei pazienti con altri comportamenti. È molto probabile, dunque, che le abilità di Oscar dipendessero più dalle osservazioni poco scientifiche del personale della struttura che da abilità paranormali.
Un altro animale che, nel 1994, fece parlare di sè fu un cane di nome Jaytee. Secondo il biochimico inglese Rupert Sheldrake, questo cane era in grado di prevedere il ritorno del suo proprietario con un certo anticipo, come dimostrato dal fatto che, poco prima del ritorno di questi, Jaytee si faceva trovare nei pressi della veranda in “chiaro” segno di attesa. In realtà, anche in questo caso, i poteri paranormali del cane furono più l’effetto delle cattive osservazioni del biochimico che di altro, come dimostrò lo psicologo Richard Wiseman dopo aver condotto un esperimento sull’animale con tutti i crismi della scientificità dal quale emerse che le visite di Jaytee alla veranda erano frequenti e puramente casuali.
La tendenza ad attribuire agli animali capacità e competenze superiori a quelle effettivamente possedute da questi è molto diffusa, pur senza giungere necessariamente agli estremi delle vicende di Oscar e di Jaytee. Essa è frutto della propensione degli esseri umani a “vedere antropomorfo” in ciò che li circonda ed è probabilmente aumentata nell’ultimo secolo.
Di fronte al pericolo di compiere attribuzioni errate, è consigliabile il ricorso al “canone di Morgan”. Ne ho parlato in un post precedente, e anche nell’ultimo capitolo del mio ultimo libro Aloni, stregoni e superstizioni, che vi invito ovviamente a leggere.