Che cos’è la psicologia positiva? Secondo Shelly Gable e Jonathan Haidt, autori di “What (and why) is positive psychology?” (2005), con questo termine si intende “lo studio delle condizioni e dei processi che contribuiscono allo sviluppo o al funzionamento ottimale delle persone, dei gruppi e delle istituzioni”. In quanto tale, si tratta di un filone della psicologia che si muove controcorrente. È noto che la psicologia, fin dalle origini, si è occupata più degli aspetti negativi dell’essere umani che di quelli positivi. Depressione, razzismo, violenza, devianza, bassa autostima, irrazionalità, tradimenti coniugali, sofferenza sono alcuni dei temi prediletti ancora oggi dagli psicologi. Pochi invece si occupano di studiare la salute mentale, la gioia, l’ottimismo, l’armonia tra marito e moglie.
Perché? Secondo gli autori, tre sono le ragioni che spiegano la predilezione storica della psicologia per il negativo. La prima è la tendenza a mettersi nei panni di chi soffre (compassion) e, quindi, la convinzione che chi soffre debba essere aiutato prima di chi sta bene. Ciò ha portato a una enorme mole di ricerche sugli aspetti negativi della vita. La seconda ragione è storica e ha a che vedere con le ansie e il dolore sperimentate da tante persone dopo la fine della Seconda guerra mondiale e con lo strascico di dolore, privazioni e traumi che ne derivò.
La terza ragione – per me la più interessante – riguarda il fatto che gli eventi negativi hanno un impatto maggiore sulla mente umana rispetto agli eventi positivi e che le informazioni relative agli eventi negativi sono elaborate in maniera più minuziosa delle informazioni relative agli eventi positivi. Inoltre, le azioni negative sono per noi più diagnostiche delle vere qualità interiori di una persona delle azioni positive nel senso che riteniamo che una azione negativa ci dica molto più di una persona di cento azioni positive. La psicologia evolutiva ci dice, poi, che è più funzionale alla nostra sopravvivenza (più adattivo) identificare le minacce potenziali rispetto alle ricompense potenziali. In altre parole, per sopravvivere dobbiamo prestare attenzione più alle minacce presenti nel nostro ambiente che alle sue caratteristiche positive. Infine, le informazioni negative violano le nostre aspettative. Eventi, informazioni e processi positivi semplicemente accadono più frequentemente di eventi, informazioni e processi negativi. Di conseguenza, prestiamo più attenzione a questi ultimi perché essi attirano l’attenzione più di una notizia positiva. Insomma, ciò che è negativo è considerato da noi più interessante, più rivelatore, più utile, più singolare. È per questo che ha quasi sempre la meglio su ciò che è positivo. Lo notiamo dal fatto che, quando guardiamo il telegiornale, siamo attratti più dalla notizia di un delitto che da una relativa a una buona azione. Quando qualcuno ci offende, riteniamo la sua offesa più veritiera di dieci complimenti. Quando assistiamo a un incidente stradale impariamo come evitarlo più dalla sua contemplazione che dalla lettura di un intero manuale sulla buona guida.
Per quanto Gable e Haidt vogliano interessarci agli aspetti positivi della vita, finiscono con l’attirarci verso il negativo. Per quanto tentiamo, sembra sempre che il male attiri più del bene.
Fonte: Gable, S. L., Haidt, J. (2005). “What (and why) is positive psychology?”, Review of General Psychology, vol. 9, n. 2, pp. 103-110.
Pingback: Il magico rapporto 5 a 1 | romolo capuano