Il medium è il massaggio (1967) di Marshall McLuhan (1911-1980) è uno dei testi più importanti sulla comunicazione pubblicati nel XX secolo. In esso viene sostenuto che il mezzo della comunicazione non è mai neutrale, ma interviene nelle interazioni sociali modificando comportamenti e modi di pensare e strutturando la mente in modi determinati. Questa conclusione è ancora valida oggi: basti pensare alle modalità comunicative imposte da Facebook e alle differenze rispetto a strumenti come il vecchio telefono. Non si tratta solo di un mezzo di comunicazione diverso, ma di un modo completamente nuovo di “vivere” la comunicazione.
Detto questo, molte persone si sono chieste il motivo di un titolo così originale. La risposta è tanto semplice quanto spiazzante: un errore di stampa. Lo rivela il figlio di Marshall McLuhan, Eric, in una pagina del sito www.marshallmcluhan.com.
Domanda: «Perché il titolo del libro è Il medium è il massaggio invece di Il medium è il messaggio?
Risposta di Eric: «In realtà, il titolo è un errore. Quando il tipografo ci fece avere il libro, la parola stampata sulla copertina era “Massaggio” proprio come adesso. Avrebbe dovuto essere Il medium è il messaggio, ma il tipografo commise un errore. Quando Marshall se ne rese conto, esclamò: “Lasciamolo! È ottimo, centra perfettamente il bersaglio”».
E così fu, infatti, considerando l’influenza che il libro ha avuto su generazioni di massmediologi.
Secondo Eric McLuhan, i titoli (quello esatto e quello sbagliato) si prestano a interessanti interpretazioni, ognuna delle quali rende correttamente, seppure da angolazioni diverse, il senso del libro. Infatti, message (“messaggio”) può essere letto anche come Mess Age (“Età della confusione”), mentre massage (“massaggio”) può essere letto anche come Mass Age (“Età delle masse”).
Al di là dei giochi di parole, la vicenda del libro di Marshall McLuhan dimostra come, a volte, un errore di stampa possa essere sfruttato a scopo pubblicitario, ma anche per “allargare la mente” esponendola a significati ulteriori che, forse, in assenza dell’errore, non sarebbero emersi.